La Cappella del Sancta Sanctorum/2

La Cappella
del Sancta Sanctorum/2

Dal “RisVeglio Duemila”  N. 27/2015

 

Pubblichiamo la seconda parte dell’articolo dedicato alla riapertura della Cappella del Sancta Sanctorum nella basilica di San Vitale (la prima parte è stata pubblicata nel numero scorso). L’intervento di restauro è stato reso possibile, in quattordici anni di pazienti lavori, grazie al contributo costante della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna.

 

Nella stessa parete della capsella sono altri due marmi di notevole importanza legati alla memoria di Ursicino: il frammento del sarcofago e il colatoio per cadavere. Questo frammento di sarcofago era stato reimpiegato dal Ricci, assieme ai due frammenti superstiti di quello di Ecclesio, per ricostruire l’altare del Sancta Sanctorum ritenendoli, erroneamente, parti di un’unica urna. Grazie al manoscritto del Ginanni, che vide e documentò lo stato della cappella prima dei lavori settecenteschi che portarono, tra gli altri interventi, alla distruzione delle urne di Ecclesio e Ursicino e a rilavorare quella di Vittore, è stato possibile identificare questo frammento appartenente al sarcofago di Ursicino, come ebbero a spiegare prima il Sangiorgi e poi il Mazzotti.

Il colatoio sul quale era stato posto il corpo del vescovo, rinvenuto all’interno del suo sarcofago, fu rilavorato durante i lavori settecenteschi: vi fu incisa l’iscrizione ancor oggi leggibile – SUPER HANC TABULAM QUIEVIT CORPUS S. URSICINI – e, all’interno di tre medaglioni, furono incisi i volti dei tre santi vescovi.

Questo marmo fu poi riutilizzato come paliotto d’altare, inserito entro l’urna di Vittore, l’unica che non fu distrutta ma semplicemente rilavorata: sulla fronte della cassa furono praticate tre aperture chiuse da altrettante grate realizzate da lettere intrecciate e formanti i nomi di Ecclesio, Ursicino, Vittore. Attraverso le lettere dovevano essere visibili i volti dei vescovi. L’urna di Vittore, ora, si trova vicina all’ingresso della basilica, ma pochi la notano e leggono i nomi dei santi vescovi, poiché una pianta d’alloro la nasconde quasi completamente.

Il sarcofago di Vittore servì quindi, dall’epoca settecentesca fino ai primi del ‘900, come reliquiario per i corpi dei tre vescovi posti, come ricorda il Ginanni, entro una cassa di noce suddivisa in tre scomparti.

La cassa di cui parla il Ginanni, a nostro avviso, va riconosciuta in quella conservata presso i magazzini della Curia. Durante alcune ricerche, relative ai reliquiari presenti in Cattedrale, svolte tra il 2010 e il 2011, vidi una fotografia degli ambienti dell’Archivio Arcivescovile che mostrava una cassa suddivisa al suo interno in tre scomparti (la fotografia era datata al 17 aprile 1990, prima che l’Archivio fosse trasferito presso il Seminario Arcivescovile, in Piazza Duomo) e fu grazie ad un operaio della Curia, Martino Raniero, che potei rintracciare questa preziosa testimonianza. Sul coperchio della cassa, oltre ad alcuni sigilli, è presente la seguente iscrizione: SS EPI ECCLESII URSICINI VICTORIS.

Dal 1903 le reliquie di Ecclesio, Ursicino e Vittore furono custodite presso l’Arcivescovado e li rimasero sino al 1955, anno in cui l’arcivescovo Egidio Negrin (1952-1956) le ripose all’interno dell’altare maggiore della Basilica. Un’iscrizione, posta alla base di esso, ne ricorda la presenza: HIC CORPORA SANCTORUM RAV. ECCLESIAE ANTISTITUM ECCLESII BASILICAE HUIUS CONDITORIS ATQUE/URSICINI ET VICTORIS A. R. S. MCMLV III IDUS MARTIAS AEGIDIUS II ARCHIEPISCOPUS PIE COMPOSUIT.

Come il sarcofago di Vittore non è più all’interno della Basilica, così i frammenti del sarcofago di Ecclesio che, recentemente, sono stati ricomposti all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore, all’inizio della navata destra. La fronte della cassa e il fianco sinistro recante il testo [Ecc]lesius episc(opus) sono stati integrati all’interno di una struttura in corten, che intende simulare il sarcofago nella sua interezza. Su quello che va considerato il coperchio dell’urna è incisa un’iscrizione: HOC EST ARCAE QUOD EXTAT IN QUA CORPUS CONDITUM EST ECCLESII BEATISSIMI VIRI RAVENNAE EPISCOPI DXXII-DXXXII. SANCTI VITALIS BASILICAM ILLE DECREVIT AEDIFICATAM POSTEA AB IULIANO ARGENTARIO ET A MAXIMIANO EPISCOPO SACRATAM. HANC QUOQUE BASILICAM IN PRAEDIO SUO EXTRUXIT AD HONOREM BEATAE SEMPER VIRGINIS MARIAE DEI MATRIS.

Il colatoio, rinvenuto all’interno dell’urna, è affisso alla parete di fondo e riporta due incisioni settecentesche corrispondenti alle parti in cui esso è suddiviso: SUPER HANC TABULAM QUIEVIT CORPUS S. ECCLESII nella parte di maggiori dimensioni, RESIDUUM TABULAE S. ECCLESII, nel frammento minore.

Le cronache giunte sino a noi ricordano come nel 1581, in occasione del rialzamento del pavimento della cappella, si decise di rinnovare l’altare e fu allora che si scoprì, all’interno di esso, il sarcofago di Ecclesio che presentò al suo interno uno scheletro nella posizione in cui il cadavere era stato posto. La sepoltura, riporta la documentazione, fu lasciata nella situazione in cui fu rinvenuta e così la vide il Ginanni il 14 dicembre del 1731 quando l’urna di Ecclesio, con quelle di Ursicino e Vittore, fu nuovamente riaperta. 

Oltre alle sepolture dei tre grandi vescovi del VI secolo si ricorda all’interno del Sancta Sanctorum anche quella dell’arcivescovo Martino (810-818). La sua urna, nota già al Ginanni, è stata riconosciuta in quella rinvenuta sotto all’arca di Vittore e li rimase fino al 1904 quando, come scrive il Sangiorgi in polemica con il Ricci, essa fu portata al di fuori della Basilica: “La vecchia urna pertanto di marmo d’Istria dell’arciv. Martino, che aveva superato tante vicende nei secoli, spogliata dopo ben 1088 anni delle venerabili ossa di quel santo Arcivescovo è stata cacciata fuori dal suo antico e sacro luogo, e confinata vicino al muro del vecchio monastero non più colla sua antica tavola di marmo greco, ma con un coperchio moderno in cemento di forma romana, che le da un aspetto assai grottesco”.

Nel 1900 fu ritrovato, nella muratura che chiude l’antico ingresso alla cappella, un affresco raffigurante i Santi Apollinare, Pietro e Martino. La pittura, già nota dai lavori settecenteschi, è databile alla prima metà del IX secolo, all’epoca in cui Martino fu arcivescovo di Ravenna. La figura dell’arcivescovo è riconoscibile grazie ad un’iscrizione dipinta il cui testo, oggi scarsamente leggibile, è noto grazie ad un disegno di Alessandro Azzaroni: DOM(I)N(US)/ MARTI/NUS/ARCH(I)/EPIS/COP(US). L’apostolo Pietro è riconoscibile grazie all’attributo delle chiavi, mentre il volto di Apollinare richiama da vicino il mosaico presente nella Basilica omonima. L’affresco, staccato, è conservato presso il Museo Nazionale di Ravenna.

Altre memorie sono legate al Sancta Sanctorum come lo stupendo sarcofago reimpiegato per la sepoltura dell’esarca Isacio, ricollocata dal Ricci all’interno del sacello e oggi posta nel deambulatorio della Basilica, oppure l’antico marmo rosso con le sacre impronte di Ursicino, il medico ligure martirizzato insieme a Vitale, anch’esso posto dal Ricci all’interno del Sacello e oggi visibile nel Duomo di Ravenna, accanto all’altare di Sant’Ursicino sul quale è la bella tela di Cesare Pronti raffigurante il martirio del santo.

Il Ginanni e il Ricci ricordano presente nella cappella la pala di Francesco Longhi che rappresentava la Vergine con il Bambino assieme alle Sante Giustina e Scolastica. L’opera, firmata e datata al 1590, va certamente riconosciuta – se ne anticipa qui la scoperta – nella tela oggi di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna. L’immagine della Vergine con il Bambino, che il Ricci ricorda come “Madonna di Reggio”, propone l’iconografia della Madonna della Ghiara, venerata a Reggio Emilia. Vicine alla Vergine sono le sante Scolastica e Giustina, la prima riconoscibile per l’abito monastico e la colomba tra le mani, la seconda per la corona posta sul capo e il pugnale nel petto.

 

Prof. Giovanni Gardini

Consulente per i Beni Culturali della Diocesi di Ravenna-Cervia

giovannigardini.ravenna@gmail.com

https://giovannigardini.wordpress.com