Innamorata d’Africa
Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 38/2012
Ti ho visto lì in quel lettino, con una coperta di lana colorata addosso’ nel visetto ancora qualche macchia di pappa e poi il tuo sguardo così dolce’non ho potuto farne a meno, mi sono innamorata di te a prima vista.
In quel momento ho capito il motivo per cui ero lì, per te, per volerti bene e prendermi cura di te.
Qui è cominciata la ‘mia missione” con un bimbo di 3 anni, abbandonato in ospedale, malato di Aids, epilessia, disabile e con probabile polmonite ubercolosi e immobile a causa dei muscoli atrofizzati. Godwill Bahati, in italiano Volontà di Dio Fortunato, lui è stato il centro della mia esperienza in Kenya di quest’estate’ insieme agli altri volontari ho passato con lui più tempo possibile, e alla fine vederlo sorridere e muovere i primi passi sono stati una gioia immensa e un vero e proprio miracolo, aveva solo bisogno di essere amato da qualcuno.
Sono partita il 2 agosto per andare nella missione di Kiirua, un piccolo paesino a 2200 metri nel centro del Kenya, dove c’è un ospedale fondato e gestito dalle Piccole Suore di Santa Teresa di Gesù Bambino. Insieme con me c’erano Letizia, Emanuele, Lanfranco, Giulia, Alice, Francesca, Filippo, Stefano e Noemi, tutti studenti di medicina e infermieristica pronti per fare un po’ di servizio in ospedale. Ci sono tante immagini che ho vive in testa: un bimbo appena nato, la gioia del primo incontro fra mamma e figlio, i sorrisi dei pazienti, le conversazioni in un inglese dalla pronuncia molto fantasiosa, i momenti di preghiera e le danze di benvenuto’ ma anche tanta sofferenza.
Ci sono piaghe, ferite, malattie che non dimentichi, ma ancora più indelebili sono la fede, la speranza e la serenità che trovi nel volto dei malati, anche dei più martoriati.
Oltre al servizio in ospedale abbiamo visitato spesso l’orfanotrofio di Machaka che ospita una trentina di bimbi da 0 a 3 anni. Evans e Collins, i due gemellini inseparabili, o Filomena la bimba più sorridente di tutte, sempre con la lingua fuori. Briton, il più piccolino di tutti e Viktor, il più ‘pacioccoso’ e placido tra i bimbi; insomma, ce n’era per tutti.
Tornavamo a casa pieni di pappa sui vestiti, dopo aver sfamato, giocato, coccolato e amato ogni singolo bimbo’ tornavamo a casa con i loro volti stampati nella mente, sperando di rivederli il prima possibile. Ogni domenica ci aspettava l’animazione con i bambini del villaggio con giochi, bans, balli e canti! Bimbi che fanno a gara per tenerti per mano, per salirti in braccio, per avere anche solo per un istante la tua attenzione! E tu ti spendi, fai del tuo meglio per farli divertire, per dar loro tutto l’entusiasmo che hai dentro e la sera quando torni a casa ti rendi conto che quello che hai dato è decisamente una minuscola briciolina rispetto a ciò che hai ricevuto.
Abbiamo trascorso l’ultimo giorno a Korogocho, una delle baraccopoli più grandi di Nairobi, che sorge a fianco di un’enorme discarica di cui non vedi la fine: intere colline di rifiuti.
In quel luogo che, all’apparenza, sembrerebbe il più povero del mondo e dimenticato da Dio, proprio lì, Dio diventa palpabile, lo senti e lo vedi camminare tra la gente, nei volti dei tantissimi bimbi che ti saltano in braccio o dei poveri che ti salutano dalle baracche con un sorriso accogliente o dei tre padri comboniani che hanno scelto di vivere a Korogocho come e con i poveri per condividere con loro le gioie e le fatiche di tutti i giorni.
Tornare a casa, alla vita di sempre, è stata dura; l’Africa lascia un segno indelebile, ti insegna che lamentarsi non serve a niente e soprattutto che tu, muzungu (uomo bianco), non puoi lamentarti sapendo che dall’altra parte del mondo qualcuno vive in una baracca non sapendo se mangerà domani.. .e allora ti rimbocchi le maniche e cerchi di vivere la missione qui, cercando, per quanto difficile, di mantenere vivo l’entusiasmo e lo spirito che ti sei portato a casa.
Stiamo cominciando a raccogliere vestiti e giocattoli per bambini, donazioni, anche cibo (a conservazione molto lunga) che poi manderemo in missione.
Chiunque voglia darci una mano può contattarci qui:
Francesca Ghetti fraghettina@gmail.com 3348854928
Emanuele Argentini mannuarge@yahoo.it 3335821335
Francesca Ghetti