Il Vangelo della Notte di Natale

Il Vangelo della Notte di Natale
 
Dal ‘RisVeglio Duemila’  N. 47/2013
 
 
25 dicembre – Notte di Natale
Is 9, 1-3. 5-6; Salmo 95; Tt 2, 11-14; Lc 2, 114
 
Dio è in mezzo a noi,
lo riconosceremo?
 
‘Per voi è nato un Salvatore!’. I pastori, increduli, ascoltano quanto dice loro un angelo. ‘Per voi’, sottolinea l’angelo. Non per gli altri, non per il rabbino nel suo letto, né per i pii ebrei di Betlemme che non hanno saputo preparare un letto per una partoriente, né per il Sommo sacerdote e gli scribi che conoscono bene la Scrittura e sanno che Betlemme è la città di Davide. I privilegiati di Dio sono i pastori: rozzi, affaticati dalle lunghe e gelide notti di Palestina, rassegnati a compiere un lavoro sgradevole. I pastori ladri perché spesse volte sconfinavano alla ricerca di qualche zolla di dura erba per le loro pecore; bugiardi al punto che era vietato loro testimoniare nei tribunali. Loro non se l’aspettavano proprio il Messia; sì certo, si ricordavano della lettura del rotolo di Isaia al sabato nella sinagoga, e dell’atteso dal popolo, colui che avrebbe ridonato lustro al Regno di Israele. Sono proprio i pastori che dovranno dire all’umanità questa semplice e insostenibile notizia: Dio è. Meglio: Dio c’è. Anzi: Dio è qui, piange, avrà fame, la mamma lo accosta all’acerbo seno adolescenziale e lo nutre. Ecco, questo è Natale. Siete svenuti? O duemila anni di cristianesimo vi hanno creato una crosta alta due dita sull’anima e sorridete come se si trattasse di una favoletta? Questo è ogni Natale. Ci siamo detti in queste quattro settimane che l’inaudito è accaduto, che Dio è presente. Ora Dio è accessibile, è un Dio che si svela con tutta la dolcezza e la bellezza che nessuno avrebbe potuto immaginare. Strappiamo via allora da Dio quella maschera orribile che gli abbiamo messo. No, Dio non è freddo, né lontano, né superbo, né sommo egoista nella sua asettica perfezione. Dio è un neonato che si stringe al seno della madre-adolescente. Non siamo qui a far finta che poi Dio nasce. No: Dio si è incarnato duemila anni fa, si è dato, è cresciuto, ha annunciato ai poveri il lieto annunzio, è morto per noi perdonando, è risorto e vivo per sempre. Il mondo è già salvo, ma non lo sa. Io sono già salvo, ma non me ne accorgo. Preso, travolto, distratto, questo mondo inquieto e annoiato ha dimenticato che Dio è un bambino che si dona, che corre il rischio del consegnarsi. Sapremo stupirci? Dio ci ha salvati, ci lasceremo salvare? O ancora smantelleremo gli addobbi, riporremo il presepe con un sorriso amaro, chiudendo negli scatoloni il sogno di un Dio vero, incontrabile, splendido per tornare alla cruda realtà?  Dio è qui, donato, consegnato alla nostra indifferenza. Ed è qui soprattutto per i pastori di sempre: quelli che vivono Natale con un groppo in gola, quelli che saranno soli per la prima volta a vivere il Natale, quelli che non hanno né calore né regali, né festa, né speranza, né fede. Per voi è nato il Salvatore. Questo bambino indica che Dio ha voluto scegliere l’ultimo posto, il fondo del pozzo, per poter accogliere quelli che pensano di avere toccato il fondo. 
Ci stupiremo?