Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 20/2013
Il più delle volte l’Unitalsi fa visita alla Madre Celeste in quello che può essere considerato il suo feudo per eccellenza, Lourdes. Per antichissima e documentata tradizione, infatti, alla Madonna è riconosciuta una signoria sulla Bigorre, la regione di Lourdes; signoria riconosciuta e rispettata per oltre un millennio anche dai monarchi che si succedettero al trono. Da qui l’appellativo di Notre Dame de Lourdes.
Con minor frequenza, ma con pari piacere, si va a trovare la Vergine Maria in quel di Loreto, dove Ella spalanca ai pellegrini addirittura la porta della sua casa nazaretana.
Le pareti che ebbero il privilegio di assistere all’evento inaudito del Dio che, per amore degli uomini, si umiliò fino a farsi uno di loro, sono infatti conservate, racchiuse in uno stupendo sacello marmoreo, nella basilica di questa graziosa cittadina marchigiana.
E’ a quella casa, al tempo unita alla grotta che ancora oggi è possibile visitare in Nazareth, che l’arcangelo Gabriele fu mandato per incontrare l’umile ragazzina ebrea dalla quale dipendeva il futuro dell’umanità. Tale è il rispetto di Dio per la nostra libertà: ha voluto chiedere il permesso a quell’umile ragazza prima di prendere dimora in lei per salvarci.
Potremo mai ringraziarla abbastanza per quel fiat che ci ha guadagnato la vita eterna?
Ed è con sentimento di riconoscenza, quindi, che tra il 9 e il 12 maggio scorsi, gli unitalsiani ravennati, modenesi e reggiani e a tanti pellegrini e malati sono andati a pregare là dove il Verbo si è fatto carne.
Gradita sorpresa: il pellegrinaggio è stato presieduto da Mons. Giuseppe Verucchi. E Nostro Signore non ha certo mancato di servirsi delle sue grandi capacità comunicative per toccare il cuore di molti.
Quanti occhi lucidi, quanti sguardi che da spenti si sono fatti luminosi, quanta voglia di parlare in chi, alla partenza, sembrava avere le labbra cucite!
Ma forse i più fortunati sono coloro che al pellegrinaggio ci vanno per mettersi al servizio dei malati. Oltre al tocco della Grazia, infatti, essi sperimentano spesso una sorta di malìa, una fascinazione che viene loro dal privilegio di poter vivere, per qualche giorno, al totale servizio dei loro fratelli più bisognosi, ancor più se non autosufficienti.
Talvolta sembra quasi di riuscire a percepire realmente la presenza di Gesù sofferente in questi fratelli.
Sarà per questo, forse, che tornati a casa, non si fa in tempo a salutarli che già si sente nostalgia di loro.
Sirio Stampa