Francesco Santacroce, un cattolico impegnato

Francesco Santacroce, un cattolico impegnato
 
Dal ‘RisVeglio Duemila’  N. 16/2013
 
Lo scorso 9 aprile a Ravenna è morto Francesco Santacroce, aveva compiuto, pochi mesi fa, i cent’anni.
In tutte le biografie di Zaccagnini viene citato come colui che aveva spinto Zac all’impegno prima nella Resistenza, poi in politica; nella storia del movimento cattolico ravennate non può essere dimenticato il suo impegno nella FUCI di Mons.Zambotti e di Mons.Casadio, poi nell’Azione Cattolica e nelle ACLI del dopoguerra e nelle varie iniziative pastorali degli Arcivescovi Lercaro e Baldassarri.
Fu uno dei promotori, durante il Concilio, prima del Centro studi Dialoghi, poi del Donati, fu l’animatore di tante iniziative per la pace che videro coinvolti i cattolici durante la guerra del Vietnam e per il referendum sul divorzio, fu impegnato nel periodico ‘Shalom’, che animò i giovani ravennati nel post Concilio.
A livello professionale fu un grande educatore, insegnò per oltre trent’anni alle Magistrali di Ravenna, fu un uomo mite e gentile, di una rara intelligenza e di notevole cultura, sempre pronto al dialogo e al confronto con tutti.
Aveva l’abitudine di scrivere agli amici lunghe lettere per commentare gli avvenimenti del giorno, fossero essi politici o religiosi, per dare suggerimenti, per fare proposte.
Mi indirizzò il 21 gennaio del 2001 una lunga lettera, precisando: ‘non è un testamento, né un documento per il pubblico, è rivolto soltanto ad alcuni amici’.
In questo scritto parla del suo percorso di fede: ‘mi sostiene la mia fede candida di un tempo, l’ho alimentata in chiesa sulle ginocchia di mia madre, mi è rimasta nell’intimo’, e continuava ‘da giovanissimo, pieno di ardore, cantavo, vivevo la fede, avevo venerazione piena della Chiesa; col fascismo, la mia fede si è irrobustita, ho trovato proprio nella fede l’anelito alla piena libertà dell’uomo’; scrive ancora del suo impegno nella Resistenza: ‘forse la stagione più bella della mia vita’.
Fu tra i fondatori della D.C. ravennate, accanto a Castellucci, a Zaccagnini, a Massaroli, a Cavalcoli , però restò poche anni, perché scrive: ‘leggendo Il Popolo diventavo comunista, leggendo l’Unità tornavo ad essere democristiano’, si impegnò poi nel Movimento dei Cristiano Sociali negli anni novanta.
Voleva essere un uomo libero per essere sempre coerente con la propria coscienza e lo è stato per tutti i suoi cent’anni, non balbettando mai sui diritti della gente, sulla pace, sui diritti degli ultimi, anzi cercando su questi temi di unire cattolici, credenti, diversamente credenti.
Zaccagnini lo definiva, ispirandosi alla Bibbia, un libero battitore sulla strada del mistero, quasi un profeta ambulante, che cercava di essere coerente con la propria coscienza e Francesco Santacroce così deve essere ricordato.
Aldo Preda