Domenica 24 in diocesi si celebra la Giornata della Carità

Domenica 24 in diocesi
si celebra
la Giornata della Carità

Dal “RisVeglio Duemila”  N. 15/2016

 

La Caritas traccia la mappa dei bisogni a partire dai dati 2015

“Date loro voi stessi da mangiare”

Una piccola luce in fondo al tunnel è possibile scorgerla (forse) ma in un mare di bisogni e necessità. I dati 2015 del centro d’ascolto della Caritas raccontano di una società che non riesce a sostenere le persone che per varie ragioni si trovano sulla soglia della povertà, nella quale gli immigrati iniziano a lasciare il territorio per Paesi che offrono più opportunità e dove sono sempre di più le persone che pur lavorando non riescono a sbarcare il lunario (“working poor”).

Domenica l’intera diocesi di Ravenna sarà chiamata a riflettere sui bisogni e sulle necessità di questi fratelli grazie alla Giornata della Carità che si celebrerà in tutte le parrocchie, con un invito anche a farsi carico con un’offerta delle necessità dei più fragili. Necessità che, fanno sapere dal centro d’ascolto Caritas, dal 2008 sono cresciute enormemente, tanto che il delegato Caritas don Alain Gonzales Valdès invita a moltiplicare la solidarietà, potenziando e rafforzando le Caritas parrocchiali. E questo sarà il compito principale dell’organismo nei prossimi mesi e anni.

Ma veniamo ai dati. I numeri grezzi nel 2015 parlano di un calo nel numero dei “passaggi” (quante volte chi ha bisogno bussa alle porte del centro d’ascolto di piazza Duomo) del 7% circa: sono stati 5737 nel 2015 contro i 6217 dell’anno precedente ma ragionando su più anni, dal 2008, anno in cui inizia la crisi, le richieste alla Caritas diocesana sono più che raddoppiate, passando da 2700 a 5737 (+209%).

“Vediamo quindi che le necessità sono aumentate enormemente – spiega il delegato diocesano –. Il calo dell’ultimo anno è forse da mettere in relazione al ritorno di tanti immigrati nei loro paesi o l’emigrazione verso Paesi che offrono più opportunità lavorative.

Molti dei cittadini nigeriani della mia parrocchia, San Pier Damiano, hanno deciso di rimettersi in cammino, spesso verso l’Inghilterra.

Magari qualcuno è anche riuscito ad uscire dallo stato di crisi, ce lo auguriamo”.

I nuclei aiutati dal centro d’ascolto nel 2015 sono stati 1011, per un totale di 3011 persone sostenute in modo più o meno stabile. Di questi il 58,8 % sono stranieri mentre il 40,2 % italiani (il restante 1% si dichiara apolide), una proporzione più o meno simile a quella degli anni scorsi.

Gli stranieri arrivano soprattutto dalla Nigeria, dall’Albania e dal Marocco, ma anche da Romania e Senegal.

Il 35,9% degli interventi della Caritas diocesana interessano minori.

Sono 1080 quelli aiutati nel 2015, di cui il 71% stranieri e il 29% italiani.

Il cda li accoglie prima di tutto con un colloquio e mettendo a punto un percorso personalizzato di promozione e liberazione da una condizione di disagio. I quattro operatori del centro, assieme ai 40 volontari fano in media 20-22 colloqui al giorno. I pacchi viveri distribuiti nel 2015 sono stati 4478: si tratta del servizio più richiesto, ma poi c’è il pagamento delle bollette, il sostegno alla genitorialità per le famiglie con bambini, il sostegno alla maternità ma anche, a livello istituzionale, la collaborazione con l’assessorato delle Politiche sociali per attivare una rete sul territorio e con parrocchie e servizi, enti e associazioni. L’aiuto da parte della Caritas non guarda a nazionalità né tanto meno a religione: fra i 1011 nuclei assistiti nel 2015 il 53,1% era cattolico, l’8,5% ortodosso o protestante, il 24,5% musulmano e il 14,9% non credente.

Ma perché ci si rivolge alla Caritas? Le ragioni sono varie e complesse.

“La povertà non è un fungo che nasce e cresce da solo ma porta con sé tantissime altre difficoltà – spiega don Gonzales Valdès –: solitudine, disagio, famiglie disgregate, spesso dipendenze, problemi relazionali. Il vero problema è che se una persona fragile incontra un contesto sociale che non aiuta, la sua fragilità si trasforma in condizione di povertà e incapacità di autogestirsi.

È la cultura dello scarto di cui parla Papa Francesco”. Tra i “fenomeni” che nel 2015 hanno interrogato di più operatori e volontari della Caritas nel 2015 c’è appunto quello del working poor, persone che quindi pur lavorando non riescono a uscire da una situazione di povertà.

Sono il 18 per cento del totale di chi bussa in piazza Duomo (in aumento dell’1% rispetto al 2014), ma fa riflettere sul mondo del lavoro post-crisi: “Si tratta di persone – racconta il delegato Caritas – che in qualche caso hanno una famiglia molto numerosa da mantenere ma nella maggior parte dei casi non ricevono il giusto stipendio o ancora non lo ricevono affatto: l’azienda è in crisi, è in ritardo con il pagamento, ma i dipendenti non se la sentono di licenziarsi perché non hanno un’alternativa sicura a portata di mano. Senza considerare tutti i casi di precariato o lavoro nero”. Tra gli altri problemi portati in colloquio al centro d’ascolto c’è il lavoro, lo sfratto o l’emergenza abitativa, il taglio delle utenze e situazione famigliare fragili in cui crescono conflittualità, isolamento, solitudine.

“La casa è un altro degli elementi che se non c’è può portare sull’orlo della povertà – analizza il delegato Caritas –. Il 10% di chi si è rivolto a noi nel 2015 ha una casa di proprietà, il 21,6% una casa in edilizia popolare e il 40,66% in affitto. Chi ha una casa Acer certamente si trova in condizioni più favorevoli, ma poi occorre considerare anche il tema delle spese condominiali che a volte sono il triplo del canone di affitto (in via Tommaso Gulli si sfiorano i 2mila euro), così come le utenze hanno un peso notevole”.

 

Daniela Verlicchi