Come rinnovare la catechesi
L’intervento di fratel Enzo Biemmi al Convegno di Ravenna
Dal “RisVeglio Duemila” N. 37/2014
Nella giornata di domenica 5 ottobre, presso l’Hotel Mattei di Ravenna, si è tenuto il primo incontro di formazione diocesana tenuto da Fratel Enzo Biemmi, dal titolo: “Il coinvolgimento della famiglia negli itinerari di iniziazione cristiana”.
Questo incontro è il primo di cinque proposti dalla Diocesi sotto il titolo: “Sulle orme degli apostoli”, ovvero, formarsi alla missionarietà per aprire nuove porte nelle nostre Comunità.
Dopo una breve presentazione del relatore, si è entrati nel vivo dei lavori.
Fratel Enzo ha citato subito Papa Francesco, il quale afferma che sogna una Chiesa tutta missionaria in cui tutto non sia fatto per autoconservazione, ma nello spirito missionario.
Ciò obbliga a guardare come si procede. L’augurio è che tutto diventi trasparenza del Vangelo.
L’iniziazione va dal battesimo alla cresima (o alla prima comunione laddove viene celebrata come ultimo sacramento).
Su 300.000 bambini, 270.000 sono impegnati fino alla Cresima. È come se il 90 % dei medici fosse fatto solo di pediatri.
La Chiesa è ripiegata tutta sui bambini e presuppone che gli adulti siano già cristiani.
Questo è un tempo che sta per finire.
Una delle difficoltà principali è che esiste la tradizione di mandare i figli al catechismo. Senza tale tradizione, tutto sarebbe più facile e noi potremmo fare l’annuncio a persone più disposte al percorso cristiano.
Ci chiediamo: perché il modello attuale di iniziazione cristiana non inizia più?
Immaginiamo tre cerchi concentrici: al centro sta il cerchio più piccolo, che si chiama catechismo. Tale ora ha quattro caratteristiche più una e cioè ha una classe, una maestra, un testo, un metodo, l’obbligo di frequenza: è cioè una scuola!
Tale ora è stata semplice ed efficace, perché al servizio del cerchio intermedio che è l’iniziazione cristiana. Essa ha due caratteristiche:
– è tutta concentrata sui bambini
– è un’iniziazione semplificata perché deve solo prepararci bene ai due sacramenti.
Il cerchio più ampio è una parrocchia con una caratteristica: è un’organizzazione religiosa che fornisce servizi a persone già credenti.
I tre cerchi sono stati la modalità con cui per cinque secoli ha operato il cristianesimo civile. Siamo perciò anacronistici nel portare avanti un modello per una cultura che non c’è più. Perché reggeva? Perché quei ragazzi che lo praticavano avevano dei luoghi iniziatici della fede: la famiglia, la scuola, il paese. La vera fede è sempre nata in ambienti vitali.
Oggi questi tre grembi generatori di fede non esistono più e tutti siamo in difficoltà a comunicare la fede. Abbiamo reagito caricando sull’ora settimanale di catechismo, sulle spalle del catechista. Ecco che in tutte le parrocchie il catechismo è imploso. Dobbiamo lavorare sugli altri due cerchi! Per quanto riguarda il più grande: dobbiamo trasformare una parrocchia lavorando per una comunità che testimonia sul proprio territorio, che è solidale con i suoi problemi e che è contenta di essere una minoranza. Occorre essere missionari verso i problemi del nostro territorio.
Pensando a come fare catechismo si pensi al calcio: non lo si può insegnare chiudendo i bambini in uno spogliatoio dando loro in mano un manuale che spiega il calcio. Noi stiamo agendo in questo modo con i bambini che vengono all’ora di catechismo. Li prepariamo in questo modo e poi li mandiamo in un mondo dove non c’è la fede!
Una settimana di campo–scuola vale più di 10.000 ore di catechismo! È un apprendistato alla vita cristiana.
Analizzando il modello catecumenale, si parte con un anno precatechistico, in cui si incontrano i genitori per una prima evangelizzazione, poi seguono tre anni con percorsi paralleli dedicati ai genitori ed ai bambini. Tali percorsi hanno momenti celebrativi comuni.
Altro modello è quello dei quattro tempi: si salta l’ora settimanale. Ogni mese è diviso tra incontri solo con genitori, momento in cui i genitori applicano in famiglia ciò che hanno introiettato, un incontro misto con i ragazzi, padrini, madrine… e l’ultima domenica tutti insieme alla messa e a pranzo.
Il terzo modello, detto ordinario, è con l’ora classica che esiste già. Anche se non cambiamo il modello, possiamo avere una ispirazione catecumenale, missionaria, delle proposte che nascono dal desiderio di sorprendere le persone.
Per quanto riguarda l’ordine dei sacramenti, si auspica che il Vescovo omologhi a tutte le parrocchie le scelte che farà sulla successione dei sacramenti.
Ciò che deve apparire comunque, è che il punto di arrivo deve essere l’Eucaristia: così appare che il cammino inizia proprio con essa.
Laddove esiste un movimento di rinnovamento, non si è incrementato il numero di ragazzi cresimati che restano, perché l’andare via dei ragazzi è fisiologico e non ci deve spaventare. La grazia di Dio donata dai sacramenti, fa strada in tempi e modi assolutamente diversi.
Se i ragazzi vedono che sono coinvolti anche mamma e papà, capiscono che la fede è anche per gli adulti. Nel loro futuro avranno una famiglia, un figlio, un lutto, perderanno il lavoro… lì riaffiorerà una domanda di senso e se qualcuno vuole accompagnarli partorirà un cammino di fede.
Non è un caso che il titolo del testo della CEI sia “Incontriamo Gesù”, il titolo dà speranza.
La chiesa–madre genera i suoi figli, ma da essi è a sua volta generata. Infatti essere fecondi vuol dire lasciarci generare da chi generiamo.
Allora occorre lavorare sulle resistenze.
Il metodo? Papa Francesco ha detto: annunciate sempre il vangelo e quando è possibile usate anche le parole.
L’appuntamento è a incontri zonali per elaborare materiale per gli incontri successivi.
Rossella Bassi