Casa Famiglia al Torrione intitolata a don Oreste Benzi – Inaugurazione il prossimo 22 ottobre
Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 21/2011
Entro pochi mesi, a fianco della storica chiesa di Santa Maria del Torrione, in via Fiume Abbandonato 102, Ravenna, sarà inaugurata la seconda Casa Famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII della nostra Diocesi; dopo quella intitolata a San Benedetto, aperta da alcuni anni a Gambellara, questa nuova struttura sta sorgendo in città, non lontano dal centro.
I 520 mq che la compongono, sono il frutto di un’idea che è nata nell’ottobre 2007, quando Don Oreste Benzi incontrò, a Ravenna, Mons. Giuseppe Verucchi. Dopo pochi giorni il fondatore della ‘Papa Giovanni’ morì, ma la sua umile richiesta di dare ambienti adeguati alla famiglia che già faceva il percorso di accoglienza ai minori, non cadde nel vuoto. La canonica e il vicino teatrino del Torrione sembrarono adatti allo scopo, al nostro Arcivescovo e così, dopo la progettazione, le dovute autorizzazioni, l’approvazione all’unanimità del Consiglio Comunale, nel 2010 furono bandite le gare e, ad aprile di quell’anno, partirono i lavori.
A illustrarci la Casa è Mauro Maraldi che, insieme alla moglie Grazia, sarà il capisaldo della nuova realtà socio-assistenziale. ‘La Casa è su tre piani e comprende nove camere da letto, uno studio, un ambiente per ricreazione e riabilitazione, una cucina, una sala da pranzo, una lavanderia, sei bagni, un soggiorno, un ascensore attrezzato per l’handicap; la stanza più importante, però, è la cappellina, dove, su autorizzazione dell’Arcivescovo, potremo custodire l’Eucaristia. Sì, perché il rapporto con Dio è fondamentale: come diceva Don Oreste, ‘per accogliere gli altri bisogna avere le ginocchia rosse’, cioè sapere stare tanto in preghiera davanti al Signore. I pavimenti sono quasi tutti in legno, solo alcuni, nelle parti più antiche della casa, saranno in cotto, mentre nella zona giorno saranno in ceramica. La Casa sarà intitolata a Don Oreste e, quasi sicuramente, verrà inaugurata il prossimo 22 ottobre, nell’anniversario dell’ultimo incontro fra il nostro fondatore e l’Arcivescovo’.
Il costo sostenuto è ingente, ma le finalità della struttura meritano un simile investimento. ‘Alla fine – dice Maraldi – l’importo sarà di oltre 550.000 euro, una cifra tutta coperta, in questo modo: 185.000 dalla Regione Emilia Romagna, 180.000 dalla Cassa di Risparmio, 100.000 dalla Fondazione Del Monte di Bologna e Ravenna, 42.000 dai fondi dell’otto per mille (tramite la Caritas) e, al momento, 57.000 da offerte di associazioni e privati. Per la ‘Papa Giovanni’ questa Casa è una grande opportunità: una volta finita, potremo ospitare altre persone, oltre ai nostri tre figli naturali e agli altri cinque che abbiamo in affido (quattro sono minorenni, poi c’è una donna di 23 anni).
In base alle norme regionali e al regolamento della ‘Papa Giovanni’ possiamo accogliere minori e adulti (non più di nove possono essere i minorenni, compresi i propri figli), che vivono sempre, nella Casa, in un clima di famiglia. A ognuno di loro viene dato un ruolo: una delle ragazze che è con noi, ad esempio, si occupa della cucina e questo la caratterizza e la soddisfa; lavora, inoltre, in un Centro Diurno.
Per i ragazzi che accogliamo, noi siamo come i genitori, anche se non viene tralasciato il legame con il vero padre e la vera madre. I casi ‘ di solito sono i più difficili ‘ ci vengono segnalati dai servizi sociali con i quali lavoriamo in stretto contatto. Ogni minore è seguito ‘ periodicamente ‘ anche da cinque figure (si va dal giudice tutelare all’assistente sociale, allo psicologo) con le quali ci relazioniamo. C’è il problema della retta che il minore deve pagare, e questi sono tempi grami: tuttavia, nelle circa 350 Case Famiglia in Italia, oltre il 50% dei minori è accolto a titolo gratuito e questo è possibile solo grazie alle tante offerte che riceviamo dai cittadini. Voglio sottolineare che noi non facciamo assistenza sociale: la nostra è una condivisione familiare; vediamo nei poveri i nostri maestri, nei loro volti vediamo riflesso il volto di Gesù Cristo. E’ stato Don Oreste a indicarci questa strada; io e mia moglie non abbiamo fatto altro che riconoscere nei nostri cuori questa vocazione alla condivisione di quello che eravamo, e siamo, con tutte le persone bisognose che ci vengono affidate. Come sinora ci siamo sentiti parte della Parrocchia di Classe, dove viviamo da anni, fra breve ci sentiremo a servizio di quella del Torrione che ‘ a cominciare dal Parroco Don Claudio ‘ ci ha accolti con gioia e generosità’.
Viene da chiedersi che cosa spinse, tanti anni fa, Don Oreste ad aprire le prime Case Famiglia.
‘Don Oreste riconobbe che lo scopo della sua vita era portare sulla sua spalla la croce dei poveri, portarla insieme a loro. Non con lo scopo di curarli, ma di amarli; tuttavia, quando si ama una persona, ci si prende cura di lei. Capì che per stare del tutto con i poveri, occorre stare del tutto con il Signore e per questo volle che, in ogni Casa Famiglia, ci fosse una cappellina dove tutti i componenti della Casa si possano riunire, almeno una volta al giorno, in preghiera’.
Fabrizio Casanova