Cafè Teologico: L’uomo deriva dalla scimmia?
Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 7/2013
Si è tenuto venerdì 15 febbraio a Ravenna, presso la Parrocchia del Santissimo Redentore, il penultimo ‘Cafè Teologico’, la serie di incontri promossi dalla Pastorale Giovanile; il tema era ‘L’uomo deriva dalla scimmia?’.
Negli ultimi trent’anni il dottor Umberto Fasol – insegnante di scienze naturali presso un istituto veronese di cui è anche preside, laureato in Scienze Biologiche e con studi di Teologia alle spalle – ci ha confessato che il suo scopo è cercare Dio nella vita di tutti i giorni. Citando Zichichi, celeberrimo fisico italiano, Fasol ci ha ricordato che le persone che hanno fede non sono i credenti, bensì gli atei, poiché ci vuole più fede a negare la presenza di un architetto del mondo che ad ammetterne l’esistenza: credere in Dio non è un atto di fede e i credenti non sono creduloni, ma dimostrano di voler ricercare fino in fondo cosa sta dietro la realtà che ci circonda. La teoria dell’evoluzione, formulata da Charles Darwin nelle opere che ancora oggi studiamo a scuola (L’origine delle specie, 1859, e L’origine dell’uomo, 1871) spinge l’attenzione sulla causa materiale dell’origine del mondo e della vita, affermando che le specie animali evolvono attraverso mutazioni casuali che vengono poi selezionate e diventano parti del genoma perché vantaggiose per gli individui che le hanno prodotte, mentre la teoria del progetto di Dio si concentra sulla causa finale, sulle ragioni della nostra esistenza. Non importa poi molto sapere come siamo giunti fin qui, se non conosciamo il perché… Il punto fondamentale che Fasol ha messo in luce con la sua appassionata relazione è che l’uomo trascende le sue parti: il suo destino è la causa del suo essere. E se è vero che siamo biologia, è altrettanto vero che non siamo solo biologia, ma infinitamente di più di quello che appariamo agli altri, e le basi della nostra esistenza erano già state gettate nel Big Bang che ha dato forma all’universo circa tredici miliardi di anni fa, non nella scimmia. Noi esseri umani siamo l’ultimo fotogramma di una sequenza iniziata per l’appunto miliardi di anni fa, e se alcuni scienziati giustificano la nostra esistenza con la forza di gravità o il Sole, d’altra parte non possono rispondere alla domanda: come sono nati questi elementi?
Il naA è certamente l’esempio più eclatante del nostro essere progetto: si tratta di circa tre miliardi e duecento milioni di lettere disposte in modo tale da consentire all’uomo di vivere, e non si è certamente fatto grazie all’ambiente! Chi sostiene la teoria dell’evoluzione e della selezione naturale deve tenere conto che implicitamente afferma che sia possibile modificare questo codice complicatissimo che sta all’origine della nostra esistenza. Gli evoluzionisti sottolineano il fatto che tra l’uomo e alcune specie di scimmie (scimpanzé e bonobo) c’è una differenza di appena il 2% nel codice genetico e analizzano gli animali prendendo i singoli dettagli che più si avvicinano alle caratteristiche umane, senza tener presente però che ci sono decine di caratteri esclusivamente umani, come per esempio la capacità cranica – che va dagli 800 ai 2000 cm³, mentre in una scimmia arriva al massimo ai 700-750 cm³ -, l’arcata dentale a parabola, la postura eretta e la falcata, il linguaggio, il senso religioso, la sepoltura dei morti, l’arte e la civiltà, l’amore – cioè la capacità di creare una relazione che trascenda la biologia e che non sia quindi finalizzata esclusivamente alla riproduzione della specie -, la lunga dipendenza dei genitori, i movimenti come atti della persona – con infinite possibilità, mai prevedibili o ‘robotici’ -, e soprattutto l’autocoscienza, cioè la consapevolezza di esistere, di essere un continuum privato dalla nascita alla morte – e qui Fasol ci ha dato una chiave di lettura che risponde anche da sola al titolo del Cafè Teologico, domandandoci: può la materia generare consapevolezza? -.
Se proprio vogliamo credere alla teoria della selezione naturale per l’uomo, poi, bisogna prendere in considerazione il fatto che negli ultimi anni gli stessi evoluzionisti affermano che l’uomo non deriva dalla scimmia, bensì da un eventuale antenato comune. Gli schemi che ritraggono l’evoluzione umana dall’Austrolapithecus apharensis all’Homo sapiens, presenti in tutti i libri di testo dalla scuola primaria in poi, presentano tratteggi e strutture a cespuglio tra un anello e l’altra della catena evolutiva, non un legame preciso. Se anche nei prossimi secoli si giungerà a completare questo schema, non dobbiamo dimenticare che c’è una grande differenza tra i primi esemplari (australopiteco significa proprio ‘scimmia dell’emisfero australe’) e gli ultimi homines: l’uomo deriva da Dio, così come la scimmia e tutto ciò che esiste al mondo.
Caterina Gemelli
