L’amore che genera
Dal “RisVeglio Duemila” N. 27/2017
Una sera d’estate per sperimentare la forza di una famiglia che genera non solo i suoi figli naturali, e diventa essa stessa chiesa in uscita, a fianco delle tante povertà e ai bisogni delle persone. L’hanno vissuta in tanti (più numerosi degli altri anni) lunedì 10 luglio nella casa famiglia “San Benedetto” di Gambellara in occasione della ricorrenza liturgica del Santo a cui i coniugi Santi, Silvia e Massimo, hanno voluto intitolare la loro missione, celebrata con l’Eucaristia che ha presieduto l’arcivescovo Lorenzo.
E non è un caso: “Ora et labora”, la regola di San Benedetto, si adatta perfettamente ai ritmi quotidiani e ripetitivi di questa famiglia fedele alle necessità di tanti piccoli e fragili. Ma la storia di uno di essi, Nicolò, trentenne, che da ospite della casa ora ha deciso di mettersi a servizio dei senzatetto di Bucarest, con un progetto della Caritas locale, ci racconta quanto la famiglia, e questa in particolare, sia e possa essere un luogo che genera solo alla vita fisica ma anche all’umanità. Dopo essere stato ospite per tre anni della casa famiglia per problemi di disagio sociale e avere recuperato una piena autonomia, Nicolò ha deciso che era giunto il momento di rendersi utile, donando a persone bisognose tutto quell’amore che aveva ricevuto. E così in settembre partirà per la Romania. Una scelta, la sua, che richiama quella di tante persone presenti a Gambellara lunedì: singoli o coppie della comunità Papa Giovanni (c’era anche il responsabile dell’altra casa famiglia di via Fiume Abbandonato) ma non solo, persone che hanno a cuore gli ultimi, impegnati in progetti di aiuto a persone con disabilità che nella loro vita si fanno guidare da quell’attenzione agli ultimi, totale e incondizionata, che fu “il motore” dell’azione di don Benzi.
Un sì quotidiano (come l’“Ora et Labora” di San Benedetto) mai semplice, ma attraverso il quale Silvia e Massimo riscoprono ogni giorno la loro missione accanto agli ultimi: anziani, disabili, persone in difficoltà o sole e vittime di tratta (ne scriviamo a pagina 3). Ed è da quel sì, alimentato dalla preghiera e dalla relazione con Dio che i Santi, assieme ad altri della comunità, accolgono le persone senza guardare al loro credo religioso, alle loro convinzioni politiche, ai valori in cui credono: l’unica discriminante è la condizione bisognosa in cui si trovano. Ed ecco che, come spiegato dall’arcivescovo nell’omelia, la casa di Gambellara si trasforma in “una piccola testimonianza di quella fede in Dio che si traduce in atteggiamenti di umanità, di pace, di condivisione”. Nella casa famiglia si realizza un percorso di accoglienza e recupero delle persone che viene attuato in collaborazione con le istituzioni per condurre alla maggior autonomia possibile. Ma che, come sta accadendo per Nicolò, raggiunge un obiettivo forse ancora più importante: la persona aiutata, si sente accolta, amata, accompagnata, giorno dopo giorno, a superare paure, limiti, a ritrovare se stessa. A quel punto, spesso trova in sé la voglia di donare agli altri l’amore che ha ricevuto. È questo, forse, il senso della “Chiesa in uscita” che invoca continuamente papa Francesco: credenti che fanno dell’amore con cui si sentono amati da Dio un mezzo per uscire dalle proprie mura, portare sollievo a chi è nel bisogno e “contagiare” con questo amore chi è in difficoltà.
Fabrizio Casanova
L’amore che genera
