S. Giustina, tra Oriente e Occidente

S. Giustina, tra Oriente e Occidente 

Dal “RisVeglio Duemila” N. 26/2017  

Santa Giustina, ma anche la parrocchia greco-cattolica di San Pietro e Paolo. Un altro passo concreto nell’accoglienza anche spirituale dei migranti si concretizza nella nostra diocesi, con la concessione in uso alla comunità greco-cattolica romena della chiesa di Santa Giustina. Già da Pasqua una quarantina di famiglie cattoliche di rito bizantino, si riuniscono nella chiesa di piazza Duomo, assieme al parroco don Aron Adrian Coroian Firtaes (nella foto con l’arcivescovo Lorenzo, il vicario generale e altri membri della comunità).
Domenica scorsa hanno festeggiato, assieme all’arcivescovo Lorenzo e al vicario generale don Alberto Graziani, i patroni che hanno scelto per la loro nuova parrocchia, appunto San Pietro e Paolo, con la celebrazione delle 10, seguita da canti e cibo tradizionale preparato dalla comunità in Seminario. E ogni domenica la comunità si riunirà per la Messa a quest’ora a Santa Giustina. “Perché questa scelta? Abbiamo già messo a disposizione delle chiese per le comunità ortodosse della città – spiega l’arcivescovo Lorenzo –. A maggior ragione abbiamo pensato di farlo per questa comunità che condivide pienamente la nostra fede cattolica. È un modo concreto per sostenere la fede di chi da straniero viene ad abitare sul nostro territorio”. “Un modo per riconoscere l’unità della fede in tante forme diverse – aggiunge il vicario generale don Graziani –. Già la comunità ucraina celebra in rito orientale a San Giovanni Battista, con questo ulteriore passaggio si aiuta a coltivare la fede nella fatica dell’immigrazione, sottolineando l’unità nella varietà della storia”. La chiesa greco-cattolica romena è pienamente in comunione con Roma (riconosce infatti l’autorità del Papa, come successore di Pietro) e dal punto di vista dogmatico non ci sono differenze. Solo a livello liturgico, la Chiesa riconosce a questa comunità la peculiarità di celebrare in rito orientale (con canti e preghiere particolari) e ad alcuni sacerdoti di sposarsi. Padre Aron, 35 anni, lavora come operaio a Imola ed è sposato con Camelia Elena e ha due bambini di 5 e 2 anni e mezzo, Davide e Sofia. “Era da molto tempo che volevamo aprire una parrocchia qui a Ravenna, città che ha segnato un punto fondamentale nel dialogo tra cattolici e ortodossi che tanto ci sta a cuore – spiega padre Aron –, ma fino a qualche anno fa la nostra comunità aveva pochi sacerdoti. Io sono arrivato nel 2007 e ora abbiamo avuto anche la possibilità di celebrare in una chiesa che è ancor più di quello che avevamo chiesto. Siamo riconoscenti”. Perché celebrare nel proprio rito e avere una parrocchia vera e propria, con un pastore è fondamentale per una comunità, spiega padre Aron: “Noi possiamo anche assistere alla Messa in rito romano, sarebbe ugualmente ‘valido’ per noi. Ma siamo stranieri, in un Paese straniero, anche se vi sentiamo come fratelli. E senza il nostro modo di celebrare, i nostri canti, in molti rischiano di perdersi”. L’omelia in lingua, il ritrovarsi come comunità greco-cattolica, invece, spiega padre Aron, vuole dare occasioni in più ai fedeli di “crescere nella fede”. “Anche questo è un modo per essere chiesa in uscita – ragiona padre Aron –, veniamo da lontano per pregare con la nostra gente qui. E voi ci avete accolto”. Non solo a Santa Giustina ma nella famiglia della diocesi.