Un oratorio per la Darsena

Un oratorio per la Darsena

Dal “RisVeglio Duemila”  N. 41/2016

 

Parte da questo numero il nostro viaggio nelle periferie della nostra città. E nelle parrocchie che le rendono meno periferiche. A San Pier Damiano, da quest’anno, ogni pomeriggio, c’è una proposta educativa per i ragazzi

 

Un luogo di “sfide”, educative, pastorali, umane. Come quasi tutte le periferie esistenziali di cui parla Papa Francesco. Ma un luogo dove c’è anche chi quelle sfide le accetta, per amore delle persone e soprattutto dei piccoli che gli sono stati “affidati”. A partire dalla parrocchia, preziosa risorsa del quartiere, piccolo (o grande) presidio di socialità “buona”, di educazione, e di spiritualità. Questo è il quartiere Darsena, la “via Padova” di Ravenna, periferia al quadrato perché il “quartiere – spiega don Mario di Massimo, da tre anni parroco di San Pier Damiano –, è nato a servizio della città, per dare una casa a chi arrivava in città per lavorare e questo ne ha forgiato l’identità. La parrocchia, a sua volta,  nasce proprio con il quartiere, nel suo centro, al suo servizio”. Vogliamo partire da qui nel viaggio che Risveglio Duemila inaugura con questo numero nelle periferie “di casa nostra”, ambienti sul confine con il disagio che spesso le abitano, ma anche luogo d’incontro e di speranza, soprattutto in quelle sorgenti di spiritualità che sono le parrocchie. L’idea è quindi raccontare queste periferie attraverso la voce di chi le vive da pastore, parroci o cappellani delle chiese che “presidiano” queste periferie, cercando di accogliere e provvedere alle tante necessità umane, sociali e spirituali di chi le abita.

La Darsena, ad esempio, è, per un certo verso, una periferia anche “educativa”, nel senso mancano spazi dove i ragazzi possano ritrovarsi sotto l’occhio attento di un adulto. Ed è per questo che, dopo l’esperienza proficua del Grest (100 ragazzi coinvolti), da quest’anno la parrocchia ha avviato un oratorio strutturato, con una cinquantina di ragazzi coinvolti. “Abbiamo iniziato l’anno scorso in maniera sperimentale – racconta don Mario –, ma da quest’anno è in pianta stabile. Abbiamo un referente e una ragazza, entrambi in servizio civile, oltre a 12 volontari. Facciamo assistenza nei compiti, corsi di musica, cucito e cucina. Non è assistenzialismo, ma un ambiente sano dove fare esperienza di comunità. Un terreno sul quale si può effettivamente giocare la sfida educativa”.

“Vivace, multiforme e di periferia”, così definisce la sua parrocchia, don Mario di Massimo. Perché nonostante le difficoltà e i disagi che vive chi ci abita (qui è concentrato la maggior parte dell’edilizia popolare della città), la parrocchia è viva e cerca di sostenere le tante povertà che qui abitano.

“E’ certamente tra i quartieri più socialmente impegnativi della città – spiega il parroco –, con disagi sociali, economici nella maggior parte dei casi e di posizione. Rispetto alla fama che aveva qualche decennio fa la cosiddetta ‘Gulli street’ occorre dire che le cose sono migliorate dal punto di vista della sicurezza. La zona è presidiata. Ma la presenza di stranieri è molto alta e l’integrazione complessa”. La Caritas parrocchiale è nata tre anni fa, raccogliendo il testimone dall’associazione San Vincenzo de’ Paoli, “ma c’era bisogno di una struttura che potesse anche ascoltare i bisogni e progettare dei percorsi, per questo abbiamo creato il centro d’ascolto. Abbiamo 15 operatori che seguono un’ottantina di persone”.

Con 2600 stranieri sui circa 9mila, San Pier Damiano è certamente è la parrocchia più multietnica della diocesi. La comunità più numerosa è quella albanese, seguita dalla romena e dai nigeriani ma ci sono presenze significative anche di cinesi, senegalesi ed Est-europei. I cattolici sono circa un quinto, tra loro anche un centinaio di nigeriani, con i quali la parrocchia ha creato un legame importante. “L’appuntamento è ogni domenica alle 12.30 per la Messa – racconta padre Bartolomeo, il sacerdote nigeriano che segue la comunità  –, la celebrazione è in inglese per poter accogliere anche altre comunità, ma cerchiamo di caratterizzarla con i nostri canti, e questo fa sentire le persone a casa. Cerchiamo anche di vivere momenti assieme agli altri fedeli. La maggior parte dei fedeli lavorano, chi in agricoltura chi nel turismo, solo pochi hanno un contratto stabile e sempre più persone faticano a trovare un lavoro”. Quando la situazione diventa troppo difficile, anche loro si rivolgono alla Caritas parrocchiale.

Una chiesa in uscita, San Pier Damiano: oltre all’oratorio che ovviamente accoglie bambini di tutte le nazionalità e religioni (al Grest quest’anno ha prestato servizio anche un animatore mussulmano), la collaborazione con il quartiere passa dall’organizzazione comune di un Carnevale, dalla messa a disposizione degli spazi della parrocchia per associazioni, riunioni di condominio, di esercenti e iniziative di quartiere, dall’organizzazione del concorso canoro “Cavallino d’oro”, un piccolo Zecchino d’oro, che l’anno scorso in maggio ha “compiuto 50 anni”: “Tanti i ragazzi stranieri – ricorda don Mario –. Cerchiamo di far della parrocchia sia a servizio della comunità, nel limite del possibile. Anche nelle celebrazioni poi cerchiamo di andare fuori, con processioni mariane e con la via Crucis”. Una periferia nella periferia è poi quella della terza età. Una piccola “istituzione”, su questo “confine” è la tombola pomeridiana, per gli anziani, il venerdì, a partire dalle 15, organizzata da Narina Piva e altri volontari: “Partecipano una ventina di persone, dagli 80 anni in su, ma non si fanno scappare un numero nemmeno con 4 o 5 cartelle”.

Ma San Pier Damiano è soprattutto una parrocchia viva: una settantina i bimbi che frequentano il catechismo, 120 gli scout, un gruppo giovani e post Cresima, due gruppi famiglia con 10 coppie ciascuno, l’Azione Cattolica, la Legio Maria, l’Ordine francescano secolare e anche la catechesi proposta agli adulti (una ventina) ogni settimana dal parroco. “L’anno scorso ho celebrato qui i miei 25 anni di sacerdozio – conclude don Mario – ed è stato importante aver accanto la mia comunità”. Multiforme, vivace, e di periferia. Ed, evidentemente, molto amata.

D. V.