Sabato 29 ottobre l’ordinazione di don Matteo Valentini

Sabato 29 ottobre
l’ordinazione
di don Matteo Valentini

Dal “RisVeglio Duemila”  N. 38/2016

 

Don Matteo “nelle mani di Dio”

Anche lo skateboard può essere uno strumento di contatto e quindi in un certo senso di evangelizzazione per i giovani, secondo don Matteo Valentini, 33 anni, oggi diacono. Una delle sue passioni, prima di entrare in Seminario (e anche dopo, a dire il vero), era proprio questa. E ora, a un passo dal suo sì definitivo a Dio nel sacerdozio (la sua ordinazione è in programma sabato 29 ottobre alle 20.45 in Duomo mentre i giovani della Pg lo accompagneranno con un veglia domenica 23 a Santerno), voltandosi indietro, racconta “Nulla è stato un caso nella mia storia.

Dietro ogni fatto c’era una pedagogia da scoprire, c’era il dito di Dio”. Anche in quella forma di inquietudine e vuoto che anche lui ha provato da adolescente, e ha cercato di superare a suon di musica e skateboard. E che piano piano, attraverso tanti perché, lo ha portato a Dio. La presenza di Dio nella propria vita e la bellezza di donarla totalmente a lui, nelle gioie ma anche nelle fatiche, è d’altra parte, il messaggio che anche altri sacerdoti della nostra diocesi lanciano, a pagina due, festeggiando insieme alle loro comunità importanti anniversari di sacerdozio. “Ne vale la pena”, sembra che dicano al loro quasi confratello.

“Da piccolo non ero esattamente quel che si dice ‘farina da far ostie – racconta Valentini –. Fino a 18 anni, mi sono trascinato addosso vuoti e inquietudini che riversavo nella musica e nel disimpegno, ma non funzionava. Poi due esperienze mi hanno permesso di guardarmi dentro: il servizio civile in Caritas e il lavoro”. Il terreno della sua interiorità, a quel punto diventa fecondo, per far nascere e crescere tanti interrogativi: “Perché la carità? Perché la vita? Perché la morte? Fortunatamente a Cervia – racconta ancora don Matteo – ho incontrato la figura di don Umberto Paganelli, che con la sua semplicità mi ha condotto a queste domande, semplici e centrali”. Tante le figure di riferimento che gli hanno suggerito il modello di sacerdote a cui ispirarsi, da quelli più vicini, ai santi della Chiesa: “oltre a don Paganelli, c’è stato don Settimio Levorato, che mi ha insegnato tanto, soprattutto la passione per lo studio e per la ricerca, e anche don Stefano Scanabissi, rettore del seminario di Bologna: abbiam litigato molto, ma alla fine siamo diventati amici. Tra i padri della Chiesa invece direi: San Benedetto, grande uomo di preghiera, San Domenico, per la sua straordinaria capacità di parlare con e di Dio e Sant’Ignazio di Loyola, nel quale ritrovo parte della mia storia vocazionale: anche lui proveniva da una famiglia di militari, anche lui ha vissuto un momento di solitudine”.

La decisione di entrare in seminario arriva però in un giorno e in un momento preciso: un incontro, come per tutte le vocazioni. “Ricordo che ero a Messa e c’era la lettura di Luca 9: ‘Se qualcuno vuol venire dietro a me, prenda la sua croce e mi segua’. Quelle parole mi entrarono dentro come una freccia. Sentivo che il Signore mi chiedeva di seguirlo e, con un po’ di coraggio e un pizzico di follia, entrai in Seminario”. Quello fu l’inizio di un percorso che ha portato Valentini a verificare la sua vocazione, affrontando anche i tanti dubbi e le paure che una scelta come questa porta con sé: “Sono stati anni importanti, di confronto, con Dio e con gli altri. La difficoltà maggiore per me era vedermi come un pastore, come guida di una comunità, anche e soprattutto delle pecore più sperdute. Ma, soprattutto nelle benedizioni pasquali, oggi ho capito che davvero tutto è possibile a Dio”. Una riflessione che si è protratta nel tempo, Matteo è diacono già dal 2012, ma che ora, alimentata da un vero discernimento, ha lasciato il posto a una consapevolezza: “Dopo il servizio, ora è giunto il momento di donarsi totalmente, a 360 gradi”. Perché? “Per chi, soprattutto: per il Signore, perché senza di Lui mi sento come un pesce fuor d’acqua, e i pesci fuori dall’acqua muoiono”. Di qui il consiglio a chi, magari in questo periodo, sta iniziando un percorso di verifica vocazionale: “Non abbiate paura, aprite il cuore. Il Signore non abbandona mai”.

Daniela Verlicchi