L’arcivescovo Lorenzo
sull’assemblea Cei di metà maggio
Dal “RisVeglio Duemila” N. 21/2016
Essere preti e parroci, insieme. Insieme ai confratelli, ai “colleghi” della parrocchia vicina, ai laici con i quali si collabora. Mai da soli, mai isolati. È forse questa una delle vie necessarie al “rinnovamento del clero” che è stato il tema centrale dell’ultima assemblea della Cei svoltasi a Roma dal 16 al 19 maggio. Un tema che la Conferenza Episcopale riprende costantemente per monitorare l’evoluzione della vita della Chiesa e “perché il clero sia sempre all’altezza dell’annuncio del Vangelo a cui è chiamato”, ci spiega l’arcivescovo Lorenzo Ghizzoni che ci racconta questa 69esima assemblea dei vescovi. Perché parlare del “rinnovamento del clero”, dunque? “Anzitutto perché l’hanno chiesto i vescovi – spiega –, è una preoccupazione costante della Cei, alla quale è stata dedicata già un’altra assemblea generale. È necessario seguire l’evoluzione della vita della Chiesa e delle diocesi nelle quali si vedono alcune tendenze, come un’età medio-alta del clero, soprattutto al Nord, e un cambiamento significativo di presenze vocazionali, con la chiusura di alcuni seminari e l’aumento di preti stranieri. Ma soprattutto perché il Papa ha insistito più volte sulla necessità di riformare la Chiesa, e questo non può prescindere dalla riforma del clero, dei vescovi, del Papa stesso, dice, e poi anche del popolo di Dio”. Diverse le vie da seguire per questo rinnovamento, spiega l’arcivescovo, e l’obiettivo è quello di incamminarsi su queste vie anche nella nostra diocesi.
La prima attenzione emersa è quella della formazione alla vita spirituale da parte dei sacerdoti, soprattutto attraverso le scienze umane: non solo nei seminari ma in tutto il cammino dei presbiteri. “Oggi – spiega Ghizzoni – un sacerdote è sottoposto a tante e diverse sollecitazioni. Servono pazienza, impegno e flessibilità, doti che dal punto di vista umano vanno sostenute”. C’è poi la necessità di rafforzare i legami di fraternità e familiarità all’interno del clero: “In diocesi, questo camminare insieme trovo si sia intensificato nel tempo – osserva l’arcivescovo –: abbiamo un incontro al mese di formazione o di spiritualità e un altro lo propongono quasi tutti i vicariati. I sacerdoti della città hanno avviato un percorso di approfondimento sui problemi e gli ambienti di vita delle persone. In più abbiamo avviato importanti forme di collaborazione tra parrocchie”. La più avanzata è forse quella che coinvolge il Duomo, Sant’Agata e San Francesco (vedi pagina 3), ma esperimenti simili si fanno anche altrove, nel settore della Pastorale Giovanile o della formazione nei cammini dei fidanzati o per iniziative liturgiche. “Anche le parrocchie più grandi intravedono in questa collaborazione delle potenzialità – racconta l’arcivescovo –. Le parrocchie della città si sono già informalmente divise in zone per discutere della possibilità di attuarle. Questo cambia il modo di pensare la pastorale: non più un parroco o una parrocchia autosufficiente ma tutti i presbiteri che collaborano a favore di tutte le comunità”. Un cambio di prospettiva notevole, per il quale però, secondo l’arcivescovo, i fedeli sono già pronti (la mobilità tra parrocchie vicine è già alta). E la nostra diocesi deve cogliere la sfida. “Ancora, il Papa ha sottolineato la necessità di parrocchie e canoniche aperte. Ci dev’essere da parte del sacerdote la disponibilità ad ascoltare, ad accogliere e a seguire le persone. Certo, avere un’agenda fa bene perché mette ordine nella giornata, nella settimana e nell’azione pastorale ma il sacerdote non può esserne schiavo. Un’attenzione che, mi pare, i nostri parroci e sacerdoti già hanno”.
Infine la questione amministrativa che si è già dibattuta in diocesi nel corso dell’assemblea del clero del 12 maggio: “Si è ribadito che le questioni amministrative fanno parte dell’azione pastorale e, anzi, un certo modo di amministrare, con l’aiuto e il sostegno dei collaboratori laici esperti e competenti, con scelte evangeliche di sobrietà, attenzione ai poveri e condivisione possono essere esemplari e dare un messaggio significativo al popolo di Dio”. Tante quindi le indicazioni arrivate dalla Cei sul rinnovamento del clero. Ma cosa cambia nella formazione specifica dei futuri sacerdoti? Dell’importanza sempre maggiore delle scienze umane nei seminari si è detto ed è ormai condiviso (“Sia nel seminario di Bologna che nel percorso dei propedeuti a Faenza ci si avvale della collaborazione di persone specializzate in questo campo”) ma c’è un altro aspetto sul quale come vescovi dell’Emilia Romagna “abbiamo discusso – spiega Ghizzoni –: Papa Francesco raccomanda a chi si prepara a diventare prete incontri, testimonianze e un aiuto da parte di coppie di sposi e famiglie esperte capaci di trasmettere valori vissuti per favorire una presa di coscienza da parte dei futuri presbiteri del valore della pastorale famigliare. È un’opportunità da prendere in considerazione”.