Esperienze di Volontariato
Dal “RisVeglio Duemila” N. 8/2016
È Gesù Cristo che ci ha donato l’esempio
La storia di Roberto e Felipa, da una ventina di anni volontari sia nell’Unitalsi ravennate che alla Stella Maris
Si dice che “il bene non fa rumore”, tuttavia le opere buone e chi le pratica è… bene che vengano alla luce, soprattutto per trasmettere positività, speranza e per “contagiare” altri a seguirne l’esempio.
La storia di Roberto e Felipa va in questa direzione, perché è la vicenda di due persone normalissime che, però, sanno spendere buona parte del loro tempo e delle loro energie per aiutare il prossimo, mettendo in pratica quelle opere di misericordia che siamo chiamati a concretizzare e non solo in quest’anno giubilare.
Si sono sposati nel 2012 e sono entrambi impegnati sia nell’Unitalsi ravennate (Roberto è il vicepresidente) sia alla “Stella Maris” di via Paolo Costa, la struttura che aiuta in modo particolare i marittimi in transito al Porto di Ravenna.
Quando vi siete conosciuti e quali sono state le prime vostre esperienze di volontariato?
“Ci siamo incontrati per la prima volta a Lourdes nel 1997 – dice Felipa –. Io sono filippina ma sono in Italia da ventisette anni; sono collaboratrice familiare. Roberto prima di andare in pensione faceva l’educatore in una cooperativa sociale”.
“Sì – interviene Roberto – e credevo in Dio, ma a modo mio. A Lourdes ho trovato un’atmosfera che mi piaceva e ho conosciuto Felipa.
Dopo un po’ di tempo, oltre a formare una coppia, siamo diventati membri dell’Unitalsi (barelliere e dama)”.
“È vero – prosegue Felipa – ma già dai primi anni abbiamo prestato servizio anche alla Stella Maris, in sostegno ai responsabili.
Aiutavamo i marittimi, in particolare i filippini, andandoli anche a trovare quando erano ricoverati e tenendo i contatti con i familiari. In un caso siamo riusciti a far tornare nelle Filippine un marittimo che aveva subito due delicati interventi, fornendogli i vestiti necessari”.
Ora la vostra esperienza è soprattutto all’interno dell’Unitalsi…
“Sì – dice Felipa – ma quando è possibile diamo ancora una mano alla Stella Maris. Con l’Unitalsi andiamo nei vari pellegrinaggi – Lourdes, Collevalenza, Roma… – e partecipiamo agli incontri e alle ricorrenze, come la Giornata del Malato. Quando una persona seguita dall’Unitalsi è ricoverata, a turno la si va a trovare, le diamo da mangiare, la assistiamo. Purtroppo non tutti i volontari si impegnano in questi servizi. All’Unitalsi ravennate siamo circa centoquaranta volontari, ma c’è bisogno di giovani, l’età media è alta”.
Avete fatto altre esperienze di volontariato, anche ospitando persone a casa vostra?
“Ultimamente abbiamo aiutato, assieme ad altri, i profughi che dormivano sotto l’Engim.
Oltre a fornire denaro, abbiamo comprato per loro cibi, vestiti, scarpe. Ora una parte di loro è stata trasferita, mi sembra a Bologna e gli altri sono nei container alle Bassette.
Ma il problema non è risolto, perché dalle sei della mattina alle sette di sera non possono stare nei container, sono lasciati liberi in città e non sanno cosa fare, non hanno un lavoro. Abbiamo anche ospitato, più volte, dei filippini che non avevano più un luogo dove dormire.
Manteniamo anche un buon rapporto con i nostri vicini, ricordo in particolare una signora anziana, morta da poco, che si era molto affezionata a noi”.
Che cosa vi spinge a fare tutto questo e quali benefici ne traggono la vostra fede in Dio e il vostro rapporto di coppia?
“Io – continua Felipa – vengo da una famiglia numerosa (cinque fratelli e tre sorelle) e qualche volta siamo andati con Roberto nelle Filippine a trovare i miei parenti.
Ho imparato da mia madre, che era benestante, a donare quanto si ha agli altri, lei lo faceva sempre aiutando tanti, nel villaggio dove abitavamo.
Io e Roberto siamo felici e sempre più uniti, facendo quel poco di bene che riusciamo e senza pretendere nulla in cambio.
È Gesù Cristo che ci ha donato l’esempio con il suo comportamento e sacrificandosi per noi; io, a volte, quando accompagno una signora in carrozzella o aiuto un malato a mangiare, vedo riflesso in quei volti quello di Dio”.
Fabrizio Casanova