Urge vivere la pace

Urge vivere la pace

Dal “RisVeglio Duemila”  N. 43/2015

 

La violenza fatta in nome di Dio è una bestemmia (papa Francesco)

Costretto a riposo da una banale storta a una caviglia, ho avuto occasione di passare in rassegna le terribili cronache di questi giorni. Il sanguinoso attentato messo a segno nel cuore di Parigi, non ha precedenti. E potrebbe non essere la punta massima di atti di violenza prossimi nel cuore dell’Europa. Dai 12 morti del 7 gennaio scorso nell’assalto alla redazione del periodico satirico Charlie Hebdo, si è passati ai 129 della sera del 13 novembre con spari sulla folla al teatro Bataclan, all’esterno dello Stade de France e in tre ristoranti parigini (non dimentichiamo i 352 feriti). Ricordiamo che c’è stata anche una vittima italiana: Valeria Solesin, studentessa 28enne. Salvo il fidanzato Andrea.

Ma ricordiamo anche l’aereo russo precipitato nel Sinai a inizio mese. Un aereo di linea con 224 persone a bordo (63 uomini, 138 donne e 17 tra bambini e ragazzini). Potremmo andare ancora più agli attentati a Londra, Madrid, o l’11 settembre di New York. In contemporanea agli ultimi eventi ci stanno i bombardamenti russi e francesi in Siria. Azioni intensificate negli ultimi giorni. Morti, morti, e tanti feriti. Paradossalmente, quasi un’anticipazione della pagina evangelica di Marco, domenica scorsa, incentrata sulle “cose ultime”. Vangelo sulla crisi e insieme sulla speranza, che guarda non la fine, ma il fine del nostro pellegrinare quaggiù. Le parole di Marco sono apocalittiche, descrivono la fragilità dell’universo: in quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo… e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.

“Tanta barbarie ci lascia sgomenti – affermava domenica scorsa all’Angelus papa Francesco, parlando della notte di Parigi – e ci si chiede come possa il cuore dell’uomo ideare e realizzare eventi così orribili, che hanno sconvolto non solo la Francia ma il mondo intero. Dinanzi a tali atti, non si può non condannare l’inqualificabile affronto alla dignità della persona umana”. Gli ultimi papi ci hanno ostinatamente detto e ripetuto che “la guerra è un’inutile strage”. La violenza non risolve i problemi, la guerra men che meno, e “utilizzare il nome di Dio per giustificare questa strada è una bestemmia”, come ha affermato all’Angelus di domenica papa Francesco.

Continuando il giro tra i canali tv e sul web, dalla cronaca si è passati ai commenti, con esperti o presunti tali che in ogni contesto sono pronti a dir su la loro. Fino a quelli che hanno pure provato di dire al Ministro della Difesa come schierare l’Italia in Siria, e alla maniera dei tifosi di calcio sono pronti, anzi certi, di saper far meglio del tecnico della loro squadra del cuore. Una realtà che diventa sempre più virtuale. Noi che usciamo da pochi giorni da contesto sinodale della Chiesa italiana che a Firenze ha rilanciato l’esigenza di ritrovare l’umano nella sua pastorale, dobbiamo convenire a Parigi, come negli altri contesti, siamo di fronte ad attentati ignobili e vigliacchi contro innocenti, che vanno condannati energicamente.

Ma che dire delle azioni belliche in corso dalla Siria all’Afghanistan. L’Isis, uscita dalle ceneri fumanti del potente esercito di Saddam Hussein, era chiamata dagli occidentali ad abbattere il Governo siriano. Russia, Francia e Turchia bombardano l’Isis, che viene combattuto anche dai Curdi. Ma la Turchia sparge bombe anche sui Curdi. Lo steso Iraq, parzialmente sotto l’Isis, ancora fatica a trovare un suo equilibrio. In Afghanistan abbiamo ormai perso nel tempo le ragioni delle varie parti in conflitto. In Israele i palestinesi hanno lanciato una nuova strisciante intifada. In Yemen, Arabia Saudita e Iran si stanno combattendo aspramente nel sostegno di fazioni in lotta. In questo contesto, l’Occidente e le nazioni che continuano a vendere armi devono fare un esame di coscienza.

Perché sedersi da una parte ai tavoli negoziali e dall’altra a foraggiare le nazioni in cui si annidano fondamentalismi estremi? È necessario? “Il grido delle vittime di Parigi ci deve fare ribellare contro tutte le forme di violenza che si annidano contro l’uomo – dice Paolo Ramonda della Papa Giovanni XXIII –, dall’uccisione nel grembo materno, all’uccisione dei rifugiati sui barconi. Dietro ogni violenza c’è la sofferenza di un Dio solidale che si coinvolge nei problemi dell’essere umano”. Con la guerra tutto è perduto. Con la pace sorge la speranza.

Giulio Donati