26/06/2014

Missione a Carabayllo. Intervista a Mons. Panizza

Missione a Carabayllo. Intervista a Mons. Panizza
 
Dal ‘RisVeglio Duemila’  N. 25/2014
 
 
Il popolo peruviano è un povero seduto su un trono d’oro. Questa frase ‘ riconducibile al geografo italiano Antonio Raimondi (1826-1890) ‘ inquadra già quale condizione sociale ed economica si troveranno di fronte i nove giovani ravennati che il prossimo 26 luglio si recheranno nella Diocesi di Carabayllo (zona nord di Lima, la capitale peruviana) per realizzare ‘ nell’arco di quaranta giorni ‘ un progetto missionario fortemente voluto dal nostro arcivescovo mons. Lorenzo Ghizzoni. Li accompagnerà don Stefano Morini che in quelle terre ha trascorso un decennio come sacerdote fidei donum. Per saperne di più, sul progetto e su come si vive, oggi, in Perù, abbiamo intervistato mons. Lino Panizza Richero, di origini italiane, vescovo di Carabayllo, che dal 18 al 20 giugno è stato ospite a Ravenna.
 
Mons. Panizza, ci racconti qualcosa di più specifico e’ sociale relativo alla diocesi di Carabayllo: quante persone la abitano e quali sono, mediamente, le loro condizioni di vita?
‘Rispetto alle altre, è una diocesi molto giovane, appena diciotto anni. Ha oltre due milioni e mezzo di abitanti sui circa dieci della capitale. Il vero problema sociale è che oltre il 50% di loro vive nelle baraccopoli, in condizioni di estrema povertà. A Lima tutto è precario, a cominciare dal territorio: un giorno è spoglio, il giorno dopo nasce una casa dal nulla: i peruviani cominciano con quattro stuoie di canna, poi ci aggiungono i mattoni, poi con il tempo i ferri’ Vede, la gente vive di espedienti: lo scopo è andare in città, dove le donne si mettono a servizio per lavare i panni, o pulire le case, e gli uomini fanno i venditori ambulanti, ad esempio dividendosi il mercato delle pentole’.
 
La chiesa, la sua diocesi, che cosa fa di concreto per fornire aiuti alle persone e per dare loro un po’ di speranza nel futuro?
‘Un aspetto su cui siamo molto impegnati è la scolarizzazione, anche perché sono convinto che non ci possa essere nessuno sviluppo sociale se non si parte dall’educazione. Appena ho verificato l’inadeguatezza delle scuole statali, insieme ai miei collaboratori abbiamo avviato e terminato la realizzazione dell’Università Cattolica; quello di formare i maestri e di dare vita alle scuole cattoliche è un aspetto su cui insisteremo. Bisogna che la gente acquisisca competenze. Ad esempio, lo sa che il Perù è ricchissimo di materie prime, di minerali anche preziosi, ma non ha gli strumenti tecnologici per estrarli? Se si utilizzasse questo immenso patrimonio, le cose andrebbero meglio anche se, devo dire, da alcuni anni il prodotto interno lordo è in crescita e questo è un buon segnale’.
 
Che tipo di fede ha il popolo peruviano?
‘E’ una fede naturale; vanno dietro a chiunque parli loro di Dio. Il problema è che in questo modo si sono formati molti gruppi pseudo-religiosi, sono nate delle sette’ E’ sufficiente che una persona vada in piazza e si metta a parlare di fede, di dio, per far sì che in molti la seguano’ C’è, quindi, un problema di evangelizzazione, di riuscire a testimoniare in modo più capillare la fede in Gesù Cristo’.
 
Ora arriveranno nove giovani, insieme a don Stefano Morini. Che cosa chiederà di fare a loro?
‘Chiederò loro di ‘svestirsi’, figurativamente, di quello che sono e di quello che si portano dietro da Ravenna. Credo molto, fra l’altro, che la storia stessa della chiesa ravennate sia di insegnamento e di stimolo, per quei giovani ma anche per la l’intera vostra comunità diocesana, ad aprirsi a un futuro diverso, più aperto agli altri, al mondo. I giovani dovranno utilizzare la stessa metodologia di Cristo, che si è fatto uomo per aiutarci. Significa che dovranno capire la realtà peruviana e sentirla propria, per essere capaci sia di evangelizzare che di aiutare le persone che incontreranno’.
 
Abbiamo un grande esempio cui fare riferimento: padre Daniele Badiali, missionario faentino, martire per la fede proprio in Perù. Queste figure che tipo di messaggio trasmettono?
‘Ci ripetono un insegnamento evangelico fondamentale: ha molto più valore, ed è molto più bello, spendere la propria vita per gli altri che vivere solo per se stessi. E’ una cosa che dà molta più soddisfazione interiore. Noi europei, in particolare, dobbiamo imparare a non voler essere autosufficienti a tutti i costi, ma dobbiamo ‘lasciarci voler bene’ dagli altri’.
 
 
Fabrizio Casanova