
L’Arcivescovo su Don Giovanni Desio
Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 14/2014
Preghiera, vigilanza e prevenzione: questo chiede l’Arcivescovo di Ravenna-Cervia Monsignor Lorenzo Ghizzoni a sacerdoti e laici in un momento così doloroso per la vita della nostra Chiesa diocesana. Le accuse di adescamento e atti sessuali con minori che hanno portato in carcere l’ex parroco di Casal Borsetti Don Giovanni Desio hanno scosso l’intera città. Monsignor Ghizzoni è tornato a Ravenna da Assisi, dove si trovava in pellegrinaggio con i Cresimandi, per essere vicino alla comunità di Casal Borsetti e celebrare l’Eucaristia con loro insieme al Vicario generale Don Alberto Graziani domenica mattina, 6 aprile. Qui, dopo la Santa Messa, ha annunciato la sospensione da tutti gli incarichi per il sacerdote e l’avvio di un procedimento, secondo il diritto canonico; ha ripetuto la disponibilità a collaborare con la Magistratura nelle indagini e la grande preoccupazione per i ragazzi e le loro famiglie. In questa intervista, però, parla innanzitutto ai fedeli della sua Diocesi, e annuncia una serie di azioni perché casi di questo genere non avvengano più: non per il buon nome della Diocesi o di qualche prete, ma per i ragazzi ‘che sono il nostro patrimonio più prezioso’. Serve l’aiuto di tutti.
Arcivescovo, come ha affrontato la notizia dell’indagine su Don Giovanni Desio? Perché ha voluto essere personalmente a Casal Borsetti domenica?
‘È un momento di grande sofferenza e di grande tristezza. Da subito, abbiamo voluto dare un segno di vicinanza alla comunità di Casal Borsetti che si trova di fronte a un fatto così grave che riguarda non dei bambini, ma dei minorenni, maschi, intorno ai 15 anni. Quello di cui è accusato Don Desio è considerato anche dalla Chiesa uno dei delitti più gravi, oltre che un peccato gravissimo. Un fatto di questo genere è una caduta dal punto di vista morale, un reato dal punto di vista penale ed è un delitto anche per il diritto della Chiesa. Quindi dovremo avviare un procedimento canonico nei suoi confronti per valutare e prendere provvedimenti in base a quello che Don Giovanni confesserà o a quel che emergerà anche dall’indagine in corso. Poi, visto l’insorgere di questi comportamenti estremi e incontrollati, credo sarà necessario proporgli un percorso psicoterapeutico prolungato e verificabile. Azioni di questo genere rivelano dei disturbi della persona che non possono essere affrontati solo dal punto di vista morale e penale, con un cammino di conversione spirituale e con un periodo di carcere. Ci si deve porre il problema di come aiutare la persona a riconoscere i suoi impulsi, a discernere quelli distruttivi, a imparare a controllarsi e a non cedere più a quelle tendenze che si porta dentro, per il bene suo e ancor più dei giovani che potrà incontrare negli anni futuri, una volta scontata la pena’.
Alcuni si chiedono in questo momento, anche in diocesi: ci si poteva aspettare tutto questo?
‘I suoi parrocchiani che lo conoscevano in modo più stretto sono rimasti molto stupiti. C’erano delle critiche per il famoso incidente e per le sue giustificazioni. C’era un gruppo di parrocchiani che aveva segnalato anche a me dei comportamenti legati al suo carattere che, dopo i primi anni di inserimento positivo nella comunità, lo avevano reso via via antipatico’ le attività pastorali si erano ridotte e alcuni si erano allontanati. Perciò noi avevamo già pensato per lui un cambiamento. Le attività che però faceva in parrocchia coi giovanissimi e di cui parlava spesso, non sembravano così pericolose o con doppi fini, anche se il gruppetto era sempre piccolo e molto centrato su di lui, senza altri adulti educatori. Nessuno aveva mai denunciato a me personalmente la possibilità che dietro le sue attività potessero esserci reati sessuali con minorenni’.
E ora, cosa si può fare? Come evitare che capitino di nuovo episodi di questo genere a Ravenna?
‘C’è da iniziare un percorso definito da Benedetto XVI e confermato da Papa Francesco valido per la Chiesa universale, non solo a Ravenna. Quando (finalmente! ‘ lo dico per il bene dei ragazzi e dei giovani) vengono alla luce casi di questo genere ci sono provvedimenti da prendere. E non solo per fermare le azioni delittuose o per cercare di porvi rimedio, ma per imparare a prevenirle, sia all’interno della vita della Chiesa sia nel resto della società. Ci sono orientamenti e norme, attenzioni e indicazioni già elaborate dalla Chiesa universale sulle quali lavoreremo come diocesi’ Proprio la scorsa settimana la Cei ha pubblicato le ‘Linee Guida circa gli abusi sessuali nei confronti di minori da parte di chierici’ da osservarsi nella Chiesa italiana in questi casi. Dovremo chiedere anche alle altre istituzioni educative religiose e civili, che hanno a che fare con i minori, se possono collaborare e se accettano anche loro di attuare piani simili di formazione specifica alla prevenzione con tutti gli educatori’.
Che tipo di attenzioni? Come vi muoverete sul fronte della prevenzione?
‘Si tratta di individuare una serie di atteggiamenti ambigui attuati da adulti verso i ragazzi: occorre imparare a interpretarli e a intervenire, cosa che di solito oggi non si fa. C’è bisogno di affinare il nostro modo di vedere e di avere il coraggio di agire. Perché come ho già detto, il problema non è quello di difendere un prete o salvaguardare la facciata o l’onore della Chiesa, qui ci sono di mezzo dei ragazzi, dei giovanissimi, che sono il nostro patrimonio più prezioso, il nostro futuro. Dobbiamo fare tutto il possibile. Su questo tema faremo degli incontri specifici con i parroci, da subito. Occorre infatti aggiungere all’impegno educativo, anche una particolare vigilanza per evitare che personaggi che soffrono di questi disturbi si inseriscano nei nostri mondi educativi (oratori, scuole, attività sportive, attività aggregative e divertimenti, internet: la ‘rete’ dove spesso vengono adescati i ragazzi’) e possano fare danni anche gravissimi. Più complesso vigilare o prevenire all’interno delle famiglie, dove avviene la maggioranza di questi reati, se non con una formazione anche per gli adulti’.
Ai fedeli, infine, cosa vuole dire? Cosa possono fare?
‘I fedeli vorrei che raccomandassero al Signore i ragazzi coinvolti (speriamo siano pochissimi’ anche se uno è sempre troppo), pregassero per le loro famiglie e anche per la conversione di Don Giovanni, perché si lasci aiutare e curare, quando sarà possibile, scontata la pena o forse anche già dal carcere. Chiedo loro di rinnovare ancora l’impegno educativo: l’educazione alla fede, ai valori morali del Vangelo e ai valori umani, crea barriere nella coscienza e nelle abitudini dei giovani, che possono arginare e contrastare le incursioni di queste persone malate e pericolose. Preghiera, vigilanza ed educazione ci devono accomunare tutti: vescovo, sacerdoti, religiosi, educatori, catechisti, genitori credenti e non credenti’.
a cura di Daniela Verlicchi