19/04/2013

I contenuti dell’incontro promosso dall’Unione Giuristi Cattolici Italiani

 

I contenuti dell’incontro promosso dall’Unione Giuristi Cattolici Italiani
Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 15/2013
 
La crisi della famiglia fra società e diritto
Ne hanno discusso all’incontro organizzato dalla sezione ravennate dell’U.G.C.I. (Unione Giuristi Cattolici Italiani) giovedì 11 aprile presso il cinema Corso di Ravenna, l’Avv.Paolo Cavana, associato di Diritto canonico ed ecclesiastico alla LUMSA di Roma, il Prof. Sergio Belardinelli, ordinario di Processi Culturali e Comunicativi all’Università di Bologna, con l’intervento programmato del Dott. Jacopo Ceramelli, mediatore familiare. Tutti concordi su un punto: la cultura dominante che oggi colpisce la famiglia è fondata su un’antropologia sbagliata, basata sull’errata concezione che l’uomo sia libero solo se prescinde dalla relazione con l’altro. L’individuo ha, così, sostituito la persona (che vive di relazione), la rete ha sostituito la famiglia e la comunità, creando un insieme di singoli, isolati, privi di identità e di appartenenza, di cui la società, concepita come sistema autoreferenziale, può tranquillamente fare a meno: questo è il destino dell’uomo post-moderno, che, come una monade impazzita, accusa spaesamento, isolamento, autismo, pagando un prezzo che egli non avrebbe mai potuto tollerare, ma che la letteratura e la filosofia avevano profeticamente prospettato. I ragazzi si sentono esistenzialmente come ‘gettati’, senza una mano che li accompagni. L’ideologia di ‘genere’, insistentemente riproposta, tende a concepire in modo conflittuale e competitivo la distinzione fra i sessi, fino allo svilimento della maternità, con ripercussioni sulla psicologia del minore il cui interesse è fortemente sminuito, con palese violazione di quanto previsto dalla Convenzione del diritto del bambino che, solo nella famiglia costituita dall’alleanza fra padre e madre, ha un luogo ideale di sviluppo. Fra i molti volti della crisi della famiglia, non ultimo, c’è quello dei matrimoni gay, portato, continuamente, alla nostra attenzione che richiede un’adeguata interpretazione, come ha esordito il nostro Arcivescovo Mons. Lorenzo Ghizzoni, nel suo intervento di saluto. L’analisi di questo fenomeno sotto il profilo psicologico, infatti, rivela come le persone che vivono la realtà-difficoltà della tendenza omosessuale sviluppino atteggiamenti al fine di integrare in modo positivo il loro carattere: fra questi la svalutazione del matrimonio, proprio a partire dalla pretesa di connotarlo come ‘eterosessuale’, piuttosto che come ‘omosessuale’. Questa distinzione è già di per sé un’aberrazione giuridica oltre che una ‘fictio semantica’ tenuto conto che il matrimonio ‘etimologicamente: ufficio (munus) della madre – può essere solo l’unione fra un uomo e una donna. La famiglia, che da questa unione ha origine, in quanto ‘istituzione’ giuridico-sociale, ha un fondamento naturale precostituito, universalmente riconosciuto, costituzionalmente, dagli ordinamenti perché forma primigenia dell’organizzazione sociale in cui la persona viene all’esistenza e allo sviluppo. La forzatura, allora, oggi, incessantemente, riproposta, almeno in occidente, ha un alto valore simbolico perché porta a porre sullo stesso piano tutti i tipi di unioni, relativizzando il concetto originario di matrimonio, intrinsecamente fondato sulla complementarità fra uomo e donna da cui scaturisce la vita, ma, proprio per questo, vissuto dai gay come luogo in cui emerge maggiormente il loro dramma, con conseguenze che si riflettono su tutto l’assetto giuridico-sociale. Gli attacchi ultimamente sferzati al matrimonio avvengono, poi, sotto la copertura di ‘valori’ interpretati strumentalmente, quali libertà e autonomia, benché l’effettivo accesso a queste forme alternative di unioni sia del tutto marginale, dunque tutt’altro che urgente sotto il profilo normativo, senza contare la conseguente pretesa del diritto all’adozione che dimentica del tutto il diritto del minore, viceversa, meritevole di essere ricollocato al centro, la cui crescita equilibrata e matura richiede la figura del padre e della madre, come anche l’istituto della mediazione familiare intende scrupolosamente garantire, per tutelare l’equilibrio psichico dei figli e dei genitori separandi, il cui istinto di genitorialità rappresenta, spesso, l’ultima ancora, al termine di un’esperienza matrimoniale fallita. Come arginare il dramma e fronteggiare la crisi ? Noi che viviamo questo stordimento e ne siamo almeno consapevoli, siamo chiamati a recuperare un’antropologia umana fondata sulla libertà intesa come responsabilità, e non solo sull’emancipazione, sulla famiglia, come spazio di cura della persona, di fiducia nell’altro, di legami e impegni autentici, duraturi, quindi a difendere e a proporre una legislazione che sappia sostenerla concretamente. Recupereremo, così, democrazia oltre che demografia e sviluppo economico, perché solo dove c’è la famiglia aperta alla vita, può esserci di nuovo speranza, intesa intergenerazionale e nuova attenzione politico-sociale al futuro, ai giovani.
Elena Baldini