4° Laboratorio del Percorso formativo

4° Laboratorio del Percorso formativo promosso dalla Pastorale Sociale del Lavoro

Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 10/2011
 
 
Commentiamo il quarto e ultimo laboratorio formativo proposto dalla Commissione Diocesana per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato. L’appuntamento finale, per i cattolici impegnati in politica, sarà sabato 12 marzo dalle ore 16 alle 18 presso Sala Mesini (vicino a S. Apollinare Nuovo, in via di Roma a Ravenna) per un dialogo-confronto insieme al nostro Arcivescovo Mons. Giuseppe Verucchi.
 
 ‘Educare al bene comune ‘ Cultura Cattolica’.
Queste sei, (apparentemente) semplici parole, costituivano il titolo della relazione predisposta da don Mario Colombo per il laboratorio di formazione del 2 marzo scorso, tenutosi nel Seminario di Ravenna.
Ciò che ho trovato particolarmente interessante è stata la sottolineatura, fatta da padre Colombo, della necessità di una educazione al bene comune.
Come è possibile, mi sono chiesto, che un’azione apparentemente tanto ovvia quale è il perseguimento del bene comune debba dover essere insegnata?
La risposta è davanti agli occhi di tutti.
Il relativismo e l’indifferentismo che noi cristiani scorgiamo per lo più in ambito religioso è esteso, in realtà, come ha chiarito il relatore, a ogni ambito della società civile: morale, famiglia, patria, politica, istituzioni’
Viviamo in una società che negli ultimi decenni ha visto i propri sogni, pulsioni e desideri, dirottati verso (dis)valori diametralmente opposti a quelli sui quali, per secoli, si era retta. II nocciolo di questa crisi può essere individuato, secondo Don Mario, nella circostanza che la cultura consumista ha fatto smarrire la dimensione dell’altro e ha esaltato il primato dell’io. Ciò ha portato all’attuale enfatizzazione del diritto soggettivo ‘egoistico’ a discapito del diritto dell”altro’, e del dovere (vera fonte dei diritti dei quali godiamo). 
Come può perseguirsi, allora, il bene comune se non si è interessati neppure a conoscerne il significato?
Da ciò emerge tutta la portata del titolo dell’intervento: educare al bene comune non significa, allora, cercare semplicemente di insegnarne il significato, bensì anche stimolare a perseguirlo. Ciò equivale a dire che occorre tornare a un uso integrale della ragione. Utilizzata come semplice strumento, essa ci consente di possedere e trasformare la realtà nella quale viviamo. Ma se si vuole comprendere l’essenza della realtà, occorre affidarsi non a questa ragione strumentale, bensì alla ragione oggettiva, quella che si interroga sul fine e sul senso della realtà e non solo sulla sua manifestazione storica.
Solo in questo modo possiamo giungere a comprendere la necessità che il bene sia comune e non del singolo; e a non accontentarci di tale comprensione, bensì a non sentirci appagati fintanto che non lo perseguiamo. In estrema sintesi: comprendere e amare il bene comune.
Si tratta di un impegno a 360°. Non a caso la Chiesa italiana ritiene questa emergenza educativa il tema sul quale concentrare i propri sforzi nel decennio 2011-2020.
E’ possibile vincere questa battaglia?
Sì, se si riesce a essere realmente e integralmente cristiani.
Ciò significa comprendere che il cristianesimo non è il prodotto di una cultura, bensì è esso stesso fonte creatrice di cultura.
La sua scaturigine non è umana: esso è un dono di Dio all’uomo. Un’offerta che, però, esige una risposta positiva da parte nostra.
A parere di Don Mario, se riusciremo a formulare e proporre, nelle forme proprie della cultura del nostro tempo, le verità e i valori permanenti del messaggio di Gesù, così come trasmesso dalla Chiesa, questo messaggio acquisirà significato anche per l’uomo d’oggi.
Ciò consentirà la nascita di un nuovo umanesimo realmente cristiano, sola condizione che possa permetterci di sperare che il bene comune venga realmente compreso e perseguito.
Sirio Stampa
 
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