10° anniversario ingresso in Diocesi. Ringraziamenti – 20 gennaio 2023

20-01-2023

Ringraziamenti. A mons. Francesco, vescovo sempre illuminato in questi anni di servizio alla Chiesa sorella di Rimini, un esempio anche per me; grazie a tutti quelli che hanno collaborato qui stasera e grazie a tutti quelli che collaborano stabilmente con la nostra Chiesa diocesana per la sua edificazione.

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Intanto non ero molto entusiasta che si celebrasse questo avvenimento dei dieci anni di presenza in Diocesi. Perché io non credo di aver fatto nulla di straordinario.

Arrivato a Ravenna Cervia senza saper quasi nulla della sua realtà pastorale, – a parte un paio di incontri con mons. Verucchi – ho iniziato a conoscere le persone, le parrocchie, il centro diocesi, pian piano. Ho visto che oltre ad affrontare alcuni problemi urgenti di persone, di organismi, di gestioni economiche, c’era soprattutto bisogno di pastorale ordinaria.

Ho iniziato da subito a chiedere al Signore – e l’ho fatto ogni giorno fino ad ora, nella messa – che ci concedesse di essere un presbiterio “santo, unito, missionario”. Preti e vescovo insieme, non senza i diaconi. Perché?

Santo”, perché c’era nei giorni dell’ingresso il caso di un prete sui giornali locali e mi sono detto che solo pregando per la santificazione del clero si possono evitare certe cadute. La Grazia di Dio infatti non manca, le promesse di obbedienza, castità, povertà le abbiamo fatte, ma la risposta quotidiana tocca a noi, con le nostre fragilità e i nostri doni insieme. La vita spirituale, non l’attivismo delle opere, alimenta la nostra santità e la nostra efficacia evangelica. Nelle omelie del mercoledì santo ho cercato di toccare, in questi dieci anni, gli aspetti più importanti della spiritualità e della vocazione dei ministri ordinati.

Poi “unito”, perché vedendo un clero composito, con tante diversità, ho pensato che ci fosse bisogno di riscoprire la nostra unità di fondo, sacramentale, con gli incontri, i ritiri, la formazione permanente, con dei cammini non pesanti, ma continui di fraternità. Perché solo l’unità può sostenere l’efficacia dell’evangelizzazione, soprattutto in una terra come la nostra, che assomiglia ai terreni descritti da Gesù nella parabola del seme, dove un po’ di terreno buono c’è sempre, ma ci sono anche altri terreni più refrattari. Ai preti ho cercato di dire che in questi tempi siamo chiamati a essere non solo pastori, ma ancor più pescatori, e forse soprattutto seminatori.

E i seminatori oggi devono seminare insieme.

E la missionarietà? Vista l’esperienza passata, che mi ha lasciato una ricchezza di legami con le terre di missione che ho visitato, con i lavoratori in quelle vigne del Signore, e con i popoli che vivono la stessa nostra fede con modalità così diverse, mi sono meravigliato che non ci fosse un legame diocesano con una Chiesa di missione. Grazie a Dio, don Stefano aveva lo stesso desiderio e abbiamo potuto iniziare la missione non sua personale, ma diocesana, in una parrocchia in Perù. Siamo solo agli inizi, ma qualcosa sta crescendo nella nostra mentalità ecclesiale, ravennate e non solo. Non difendiamo più e non coltiviamo solo l’orticello dei nostri fedeli, ma ci stiamo accorgendo delle grandi praterie incolte dei cercatori di Dio, attorno a noi. Terre da seminare, non terre ostili. Spesso terreni buoni.

Alla società civile e alle istituzioni – e un po’ anche alla politica– ho cercato di dare messaggi con la presenza agli avvenimenti ufficiali, con contatti personali, ma soprattutto con le omelie di s. Apollinare, rivolte alle autorità e agli amministratori, sul pensiero della Chiesa sulla società. Credo che esista anche qui da noi la possibilità della “buona politica” – come dice Papa Francesco (discorso 8 dic. 2018) – il cui frutto è la pace e “l’amicizia sociale”.

Col passare dei mesi, però, ho messo in secondo piano l’elaborazione di un piano pastorale che coinvolgesse strutture, organismi e persone: una pretesa forse troppo “germanica” per un popolo molto più “latino” … come quello della Romagna. Così insieme con le iniziative, i tanti incontri e i temi pastorali annuali, che non sono mancati, sorretti anche dalla Evangelii Gaudium di Papa Francesco, ho iniziato ad allargare la preghiera quotidiana al Signore affinché ci concedesse di essere un Popolo di Diosanto, unito, missionario”. Non solo il clero, ma anche i consacrati e tutti i laici fedeli.

Perché per portare le genti così diverse delle nostre città e paesi, a cercare Dio nel Vangelo di Gesù e a non credere in deboli ideologie umane, ci vuole la testimonianza dei laici normali, non solo del clero e dei consacrati. Quei laici convinti, e da noi ce ne sono, uomini e forse ancor più donne, che non hanno da guadagnarci nulla ad essere gente di fede e di speranza, e ancor più di carità. Perciò sono credibili.

E questa, mi sembra di poter dire, è la via del futuro per la diocesi di Ravenna-Cervia: una Chiesa che evangelizza anche con meno vocazioni di speciale consacrazione, purtroppo, ma con laici normali, fedeli, convinti, credibili, guidati dal comandamento della carità.

Un augurio per i prossimi anni insieme? Diventare sempre più, per grazia di Dio, un Popolo di Dio santo, unito, missionario. Grazie a tutti.

+Lorenzo, Arcivescovo

Ravenna, 20 gennaio 2023