Ottobre Missionario: La Vocazione

Ottobre Missionario: La Vocazione

Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 35/2011
 
Pubblichiamo una riflessione sulla seconda settimana dell’Ottobre Missionario (dal 3 al 9 ottobre), dedicata al tema della vocazione.
‘Considerate, fratelli, la vostra chiamata’ (1Cor 1 ,26a).
Se facciamo penetrare le parole di San Paolo nel nostro animo, ci rendiamo conto di quanto esse rispondano a un bisogno che è in ogni uomo, che non viene espresso, soprattutto in questi tempi grami, per timore di apparire come persone lamentevoli e petulanti, mendicanti un’attenzione e una considerazione che non ci spetta, che non rientra nel calcolo di un impegno orientato verso finalità materiali. Eppure basta fare l’esperienza di cosa significhi in una dimensione di quotidianità, sentirsi chiamati, anche solo per strada: una voce amica che ripete con calore il tuo nome, in mezzo a una folla anonima; che ti fa annullare in pochi minuti la distanza di un destino non voluto; che rende presenti i ricordi del passato, dandoti l’illusione che il tempo non sia trascorso. Ancora più incisivo è l’essere chiamati per assolvere a un compito che ci sta a cuore, o partecipare a un’iniziativa, o un progetto. Significa innanzitutto, se si è ‘adulti’, avere una credenziale per la buona salute, sentirsi utili a qualcosa che va oltre il privato, credere di poter dare ancora un contributo a quella società che si vorrebbe migliore. C’è quella considerazionedi cui parla Paolo sulla propria vita, sulla vita degli altri, sul senso della vita in maniera più ampia. Considerare una chiamata vuol dire riflettere su se stessi, su quello che si è, su quello che si fa, si può, si vuole fare. Significa allargare ad altri questa riflessione, perché valutando noi stessi, valutiamo anche la nostra capacità di relazione con gli altri; in tal modo realizziamo una sorta di legame con gli altri che ci hanno chiamati e con i quali dobbiamo rapportarci. E’ così che gli ostacoli che a volte sono dentro di noi, un po’ alla volta si superano, con una spinta alla fiducia e al legame. Una chiamata c’è per ognuno di noi. Può avere mille forme, può pervenire in ogni momento; a volte non si percepisce da che direzione proviene, non si vede chi la formula. Ogni creatura deve portare dentro di sé la certezza che c’è. Qualcuno che ha per noi tutti una chiamata; che in qualsiasi momento ci interpella, in modi diversi; ripete più volte il nostro nome, soprattutto quando si accorge che stiamo per disperderci. Individuare da dove proviene la chiamata è già sufficiente a non farci proseguire sulla strada dello smarrimento. Riconoscere la voce ci dà il piacere della sosta, ci infonde quella letizia che permette di guardare al passato vedendo la linearità del percorso, di vivere quegli attimi di gioia che il presente ci regala, di pensare che domani qualcosa continua. E’ questo fluire del tempo nell’eternità che da certezze e speranze a un animo autenticamente cristiano. Come dice Paolo (1Cor 2, 6) la sapienza di Dio è misterioso e occulta, perché l’occhio può non vedere, l’orecchio non udire, ma ci sono cose che ‘Dio ha preparato per coloro che l’amano’. Per conoscere le cose che ci sono state date da Dio, non bisogna contare sullo spirito del mondo, quanto nello ‘Spirito che viene da Dio’. Vedere che nella Chiesa alcuni giovani sono stati capaci di considerarela chiamata, di aver isolato i frastuoni del traffico mondano, per soffermarsi ad ascoltare, per chiamare a loro volta altri che si trovano a passare e che, senza rendersene conto, attendevano quella chiamata, quel semplice saluto, quel sorriso, rinvigorisce gli animi stanchi e rende sempre più vera e certa la missione universale della Chiesa.
Anna Martino