San Vitale: riaperta la Cappella del Sancta Sanctorum

San Vitale:
riaperta la Cappella
del Sancta Sanctorum

Dal “RisVeglio Duemila”  N. 26/2015

 

Con il rito di benedizione del tabernacolo, la mattina del 28 giugno scorso, poco prima della celebrazione dell’Eucaristia, è stato inaugurato, presente l’arcivescovo, l’ambiente conosciuto come Sancta Sanctorum ad uso di Cappella per la custodia della Ss. Eucaristia.

Era presente anche Antonio Patuelli, presidente della Cassa di Risparmio di Ravenna, che ha finanziato il restauro. Torna così ad essere fruibile, come spazio liturgico, come hanno sottolineato sia mons. Lorenzo Ghizzoni sia il parroco mons. Rosino Gabbiadini, un luogo cardine della Basilica di San Vitale che, prima di essere monumento ammirato per la sua bellezza, è luogo di fede dove si raduna la comunità cristiana per la celebrazione dell’Eucaristia.

La Basilica che più di ogni altra presenta la centralità del Sacrificio Eucaristico non poteva non avere un luogo per l’adorazione e la custodia del Ss. Sacramento: “Tutto il ciclo iconografico bizantino e` stato pensato per porre al centro, in maniera radicale, la liturgia eucaristica, cosi`, chi e` adunato per la ‘cena del Signore’ (Cf. 1 Cor 11, 20), ritrova nelle immagini il mistero che sta celebrando, la memoria viva della storia salvifica (…).

Anche l’architettura rimanda alla verita` che qui si contempla. La pianta ottagonale e` un chiaro richiamo alla sacralita` cristiana del tempo: il Cristo risorto nell’ottavo giorno, ‘Dies Dominica’, consacra il periodo nel quale, come tempo redento, entrano ‘gli invitati al banchetto delle nozze dell’Agnello’ (Ap 19, 9) per vivere della sua vita immortale”.

La cappella del Sancta Sanctorum, il cui nome è chiarito dal ricordo di preziose reliquie – gli autori antichi parlano di un pozzo con il sangue dei santi martiri – è in particolar modo legata alle sepolture venerate di Ecclesio (522-532), Ursicino (533-536) e Vittore (538-545), tre vescovi ravennati del VI secolo, le cui vicende sono strettamente intrecciate a quelle della Basilica e le cui sepolture, come ricorda il Liber Pontificalis, sono attestate all’interno di essa: “Quando questo beatissimo morì [Ecclesio], fu sepolto nella chiesa del beato martire Vitale, nella cappella di S. Nazario davanti all’altare, in mezzo fra il corpo del beato vescovo Ursicino e quello del beato Vittore”.

A ricordo delle loro sepolture, dopo la distruzione settecentesca degli antichi sarcofagi, restano nel pavimento tre iscrizioni, con i nomi dei vescovi preceduti e seguiti dall’hedera distinguens: Ursicinus episcopus, Ecclesius episcopus, Visctor episcopus. Ai lavori che hanno interessato l’ambiente riportandolo alla sua quota originaria, hanno fatto seguito numerose scoperte: basti qui ricordare il ritrovamento di tre sepolture all’interno della cappella, più una quarta nell’atrio – l’unica visibile sotto la grata che funge da pavimento – il cosiddetto pozzo di sangue, o la presenza di una pavimentazione a una quota di poco inferiore a quella in mosaico della Basilica. Ci si augura che questo luogo possa essere ancora oggetto di approfondite riflessioni e valutazioni per arrivare ad una maggior comprensione di questo straordinario edificio che è la Basilica di San Vitale.

Ancor prima di accedere al Sancta Sanctorum merita uno sguardo l’immagine della Vergine assisa sul trono con il Bambino posta nella lunetta sovrastante l’ingresso della cappella, quasi a proteggerla.

La posizione, la scarsa illuminazione e il precario stato di conservazione non rendono immediata la leggibilità di questo affresco, opera che potrebbe appartenere al XV secolo. Già varcare l’ingresso chiede un’attenzione tutta particolare: la soglia è costituita da una doppia iscrizione che ricorda due uomini, Vittore e Giovanni, epigrafe che gli studiosi ritengono altomedievale. Entrambi sono testi funerari: Hic requ(iescit) in pace […]/Victor pr(es)b(iter), Qui riposa in pace il presbitero Vittore; Hic requiescit Ioh(annes) in pace, Qui riposa in pace Giovanni.

Varcata la soglia, si accede a un piccolo ambiente absidato – una sorta di atrio al Sancta Sanctorum – la cui volta a botte presenta alcuni frammenti di una decorazione che doveva interessare tutta la superficie. L’immagine maggiormente leggibile, racchiusa entro un clipeo, presenta la figura di Dio Padre benedicente. La volta superiore, visibile esclusivamente dal matroneo, presenta tracce di pittura ancor più interessanti per la loro antichità, databili tra l’XI e il XII secolo; gli affreschi sia per la loro ubicazione sia per il pessimo stato di conservazione in cui versano, purtroppo sono pressoché compromessi nella loro leggibilità.

All’interno della cappella sono custodite importanti memorie. Alla destra dell’altare, entro una nicchia ricavata dalla muratura, è l’iscrizione funeraria del presbitero Giovanni, databile non oltre il X secolo.

Essa fu scoperta nel 1732 e dopo essere stata posta in vari luoghi all’interno della Basilica, nel 1904, per volere di Ricci, fu ricollocata nel suo contesto originario. Il testo, riporta la menzione della sepoltura di Domenico e si conclude con una sorta di maledizione per coloro che avessero tentato di violare la sua tomba: † In n(omine) Patris et Filii et Spiritum S(an)c(t)i hic/ requiescit in pace Dominicus pr(es)b(iter) de/serviens basilicae a(an)c(t)i Vitalis marti/ris et si quis hunc sepulcrum violve/rit partem abeam cum Iuda traditorem/ et in die Iudicii non resurgat partem suam/ cum infidelibus ponam, Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Qui riposa in pace Domenico presbitero e in servizio nella Basilica di San Vitale martire e se qualcuno violerà questo sepolcro partecipi (della sorte) del traditore Giuda e nel giorno del Giudizio non risorga, si ponga tra gli infedeli.

Con il nuovo allestimento della cappella – oggi posta sulla parete di fondo, ma fino a pochi anni fa visibile nella nicchia posta sotto la finestra dove ora è il Tabernacolo – è la capsella di Giuliano Argentario che doveva fungere da contenitore per le reliquie. L’iscrizione, che corre sui quattro lati, è particolarmente importante proprio in merito all’erezione della Basilica di San Vitale – † Iulianus arge/nt(arius) servus ve/st(er) praecib(us) ve/str(is) basi(licam)/ a funda(mentis) perfec(it) – testo che va messo in relazione con quanto tramandatoci dal Liber Pontificalis della Chiesa ravennate sia nella Vita di Ecclesio sia in quella di Massimiano.

Le due iscrizioni che Andrea Agnello ancora potè vedere, ora perdute, sono leggibili, in copia, all’interno della Basilica grazie ad un’incisione, datata al 1732, posta su di un pilastro.

 

Prof. Giovanni Gardini

Consulente per i Beni Culturali della Diocesi di Ravenna-Cervia

giovannigardini.ravenna@gmail.com

https://giovannigardini.wordpress.com

 

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