Le Parole del Card. Tonini
Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 27/2014
Pubblichiamo la sintesi di una testimonianza su mons. Ersilio Tonini scritta da don Giuliano Trevisan, parroco di Sant’Agata (Ravenna) e pubblicata, a puntate, nei numeri di maggio, giugno e luglio 2014 di L’Amico degli Infermi. Don Giuliano prende in esame e analizza alcune parole spesso utilizzate dal Cardinale.
‘Mamma’
La mano con cui Dio ci ha depositato sulla terra è la nostra Famiglia e la carezza con cui ci ha accompagnato è nostra madre, per Lui la sua ‘MAMMA’.
Il primato di questo legame inviolato e ininterrotto con la Mamma, Tonini lo esplicava serenamente, ripetendo la famosa frase del suo Babbo che era solito riferire nel proprio dialetto: ‘alla fine della questione, il parere più illuminato, la decisione più sicura e giusta su questo problema è quella della mamma: – sintì vossa mér – ‘.
‘Erano tuoi e li hai dati a me’
Il testo da Lui più citato e presente nei colloqui, con noi, suoi preti, penso sia stato il Cap. 17 di Giovanni, che Tonini conosceva quasi a memoria: ‘ho fatto conoscere il Tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo”; ‘erano tuoi e li hai dati a me’ le parole che tu hai dato a me io le ho date a loro”.
Qui c’era la sua percezione più chiara del compito di babbo e mamma e soprattutto di quello del sacerdote.
L’accento più sentito, più forte e spesso accorato, lo si percepiva nelle parole: ‘Tuoi’ e ‘a me’. E’ ancora famiglia, è ancora Chiesa: il figlio è Tuo e lo hai dato al babbo e alla mamma; il discepolo è Tuo e lo hai consegnato a me; il mio amico è Tuo e me lo hai messo vicino; il mio prete è Tuo e cerco di trenerTelo per mano; sono tutti TUOI e non posso che dare loro cose Tue, incominciando dalle Tue parole. Tonini ha tentato di incastonare la preziosità della parola di Dio in quanto di meglio ha cercato tenacemente di cogliere nella filosofia, nella scienza umana della storia, della sociologia e del diritto. Ha studiato lingue, scriveva con rigore dieci righe di testo confuse in venti righe di cancellature: riconoscenza al Creatore, rispetto e servizio amorevole ai fratelli.
‘Paternità e fraternità sacerdotale’
La sua identità di padre e fratello sacerdote era sempre presente, me ne ricordo come da me particolarmente percepita, tra le tante, in due occasioni. E’ un Giovedì Santo, dei primi anni 80, quando la Liturgia degli Olii Santi si svolgeva ancora al mattino.
Mi colpì la voce del mio Vescovo, che vibrava con accenti di profonda commozione.
Le parole non sono esatte, ma il senso è certamente questo: ”questa mitria e questo pastorale non sono niente, rivestono un cuore come il vostro che ama e soffre e talvolta anche tanto’.
In quanto suo stretto collaboratore, so che, in quei momenti, aveva preso difficili, sofferte e naturalmente a suo giudizio, necessarie decisioni, riguardanti problemi della Diocesi e situazioni dolorose di sacerdoti.
Ora sorrido pensando che la piccola mitria e il piccolo pastorale del ‘piccolo Tonini’ si vedevano a fatica, forse solo lui si accorgeva di portarli addosso.
Alla metà degli anni 80, muore a Portomaggiore uno dei migliori e buoni sacerdoti della nostra Chiesa: Monsignor Renato Casadio.
Fu duplice la mia sorpresa, colta nelle parole dell’omelia funebre pronunciata da Tonini: in pochi incontri il mio Vescovo aveva intimamente conosciuto un sacerdote col quale noi preti avevamo avuto una consuetudine di quotidianità durata 12 anni; dalla conoscenza di questo prete, il mio Vescovo disse di avere imparato ad arricchire e gustare maggiormente la propria vita spirituale e sacerdotale.
‘Stupore’
Lo stupore di Tonini non è solo meraviglia, non solo contemplazione, ma vero incontro, cioè un respiro profondo, veramente tuo, un attimo di vita veramente tua, ma anche una sensazione di qualcosa di più del godimento di quello che LUI ha fatto nell’uomo e per l’uomo: ‘l’hai fatto di poco meno di un dio’ (Sal. 8, 6). Credo di aver capito ora, che quella piccola parola era, per Lui, il più sincero e autentico veicolo della straordinarietà del nostro sentimento di riconoscenza a Dio.
‘Uomini come topi’
Il fatto della ‘Mecnavi’ fu un avvenimento tragico e duro per la città e per il suo Vescovo Tonini, anche perché fu molto diffuso dai mass-media.
La parola di Tonini, che è diventata chiave, è risultata: ‘…ho visto uomini come TOPI’.
Già prima di questa espressione, il discorso di Tonini aveva conquistato il cuore dei presenti alla partecipatissima funzione funebre in Duomo e penso che questa immagine nel cuore del Vescovo si fosse allargata a immagine di altre condizioni simili, stampate nel cuore di mamme e babbi incontrati da Tonini, con nell’animo la lacerazione di un figlio schiavo della droga, del vizio, arrotolato sotto un albero, o disperso fra gli arbusti di una spiaggia deserta.
Tanti sono i babbi e le mamme del CEIS che potevano guardare il volto di Tonini solo attraverso il velo delle lacrime di una incondizionata riconoscenza.
‘Innamoramento’
Solo uno spirito libero e una vita donata a tutti, come la sua, può far capire e gustare il senso pieno di questa parola.
Era una parola mirata a non privarci mai dello ‘stupore’, della confidenza e dell’affetto che Dio ci offre; una parola che, attraverso il senso più vero della Carità, spinge a essere dono per qualcuno;
una parola che, nel ‘gusssssto’ della fede, discopre nello sposo, nella sposa, nel figlio, nel fratello, nell’amico, la ricchezza, la grandezza di ciò che già siamo e ci fa condividere la meraviglia di ciò che saremo; una parola che si propaga da cuore a cuore e che anche il silenzio, vera sapienza dell’umile, può far risuonare.
La fede ci dice che il mistero è la risposta amorevole che Dio offre ai nostri interrogativi.
E come non parlare di ri-innamoramento della vita donata, nell”incantagione’ di quella Madre che, estasiata dalle parole di Gesù, accosta la propria maternità a quella, misteriosa e meravigliosa, di Maria : una donna, dalla folla alzò la voce e Gli disse: ‘Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato’ (Lc. 11,27).
Ancora è l”inquietitudine’ dell’anima che sfocia nell’innamoramento, nel bisogno della Sua continua presenza con noi: ‘resta con noi perché si fa sera’ ed essi dissero l’un l’altro: non ardeva forse in noi il nostro cuore, mentre Egli conversava con noi lungo la via?’ (Lc. 24, 29-32).
‘Fa che non sia mai separato da te’
Un’ultima espressione della fede di Tonini, per me la più bella, la più toccante, è quella della recita, nella Messa, della preghiera personale del sacerdote che si prepara a comunicarsi.
Tonini, da preghiera personale e privata, la rendeva quasi pubblica, chiedendo ai fedeli, non proprio di pronunciarla con lui, ma almeno di ascoltarla bene: ‘Gesù, per volontà del Padre, con l’opera dello Spirito hai redento il mondo’ Liberami dal peccato’, rendimi fedele alla tua legge’ Fa che non sia mai separato da te’.
Pronunciava adagio, aggrappato a un calice, che, in Duomo, sovrastava pure il suo capo, e che le sue piccole mani potevano a stento, ma sembravano volere, a tutti i costi, abbracciare, trattenere, come poi il suo cuore avrebbe trattenuto il Suo Signore.
Questa immagine non mi è mai sfuggita, né in lui, né nella celebrazione di altri sacerdoti.
Gli ultimi anni della vita di Tonini sono stati certamente ripetitivi di queste parole e di questi concetti.
Don Giuliano Trevisan








