Ordinazione Diaconale di Massimo Santi e Mauro Pavani – 19 giugno 2021

19-06-2021

1 Lettura: Isaia 61,1-3a

2 Lettura: 2 Corinzi 9, 6 – 10

Vangelo: Giovanni 12, 24-26

 

“Lo Spirito del Signore è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione”, dice il profeta di sé stesso. La liturgia applica questo testo di vocazione profetica a tutti i ministri ordinati, Vescovi presbiteri e diaconi. E noi lo dobbiamo ripetere stasera anche per Mauro e Massimo, per ricordarci che il Diaconato non è volontariato o frutto delle generosità di carattere degli ordinandi, non è nemmeno risposta ai bisogni sociali e umanitari dei poveri, che “avremo sempre con noi”.

Nell’Ordinazione diaconale c’è una grazia speciale, un dono dello Spirito di Dio, un carisma, che Lui ci dà per realizzare il Suo disegno sulla Chiesa e sull’umanità.

Come per ogni vocazione di speciale consacrazione, non è tanto importante l’iniziativa del soggetto e la sua visione dei problemi o dei bisogni della Chiesa. Prima di noi, infatti, c’è il grande piano divino di salvare l’umanità, di raccogliere nella sua Chiesa e per mezzo di essa, tutti i suoi figli dispersi, in un’unica grande famiglia dei popoli, per farli diventare così l’unico grande Popolo di Dio.

Questa è la vocazione di tutti i battezzati, quella diportare la luce di Cristo ai popoli, alle genti, perché in Lui possano trovare Vita, Verità, pace, salvezza da tutti i mali. È la grande vocazione missionaria con la quale in Concilio ha definito lo scopo dell’esistenza della Chiesa, messa così a servizio del regno di Dio, che sta venendo anche grazie alla generosa risposta dei battezzati che si impegnano nell’annuncio del Vangelo e nella pratica della carità.

Dentro la vocazione della Chiesa c’è la vocazione di ciascuno di noi, dentro alla sua missione c’è la missione di ciascuno. Non c’è spazio per iniziative individualistiche, alla ricerca del successo e della autorealizzazione personale. La Grazia che si riceve scalda e apre il cuore e spinge verso l’esterno, verso gli altri, verso l’edificazione della comunità. Non ti arricchisce, ma ti espropria e solo se ti lasci espropriare scopri una ricchezza nuova, un centuplo diverso che riempie di Gioia, perché “Dio ama chi dona con gioia”. E si può anche dire che Dio ama ogni suo servo perché doni con gioia. Poi come dice S. Paolo, ci penserà Lui a darci tutto il necessario per vivere.

Possiamo dire che il Diaconato per voi non sarà un punto di arrivo, ma un trampolino che lancia verso una vita fatta di carità e di servizio al prossimo, ma in modo nuovo, – nuovo come il comandamento nuovo alla cui realizzazione siete chiamati. Anche il profeta nel riconoscimento della sua vocazione mette insieme due elementi importanti e inseparabili, propri della vocazione e della missione particolare del diacono: annuncio del Vangelo e una preferenza costante per i miseri, i cuori spezzati, gli schiavi, i prigionieri, gli afflitti, quelli che hanno il cuore mesto o in lutto.

E le azioni indicate sono: fasciare le piaghe, proclamare la libertà, scarcerare, consolare, dare letizia e gioia.

Come dire che se l’Annuncio della gioia del vangelo non è accompagnata dalle opere di misericordia, antiche e nuove, che riguardano il corpo ma anche lo spirto, verso le povertà di sempre e verso le nuove povertà, non ci saranno frutti di conversione e di apertura al Dio della misericordia, al Padre del Signore Gesù.

Ci sono due eresie possibili per un Diacono, come anche per i cristiani che si coinvolgono nei ministeri e nei servizi ecclesiali: quella di fare molte cose, tante o troppe attività, senza lasciare spazio all’ascolto della Parola di Dio e alla preghiera. Oppure quella di fare campagne di promozione sociale a favore delle povertà, di fare dell’ideologia e di parlare molto accontentandosi delle denunce e dei proclami. Nel caso di Mauro e Massimo penso che il rischio sia più la prima che la seconda eresia! Ma attenzione cari candidati al Diaconato permanente – e lo dico anche alle vostre spose –, Gesù ha rimproverato Marta, tutta presa dalle “molte diaconie”, dice il Vangelo di Luca, tanto che per essere una padrona di casa accogliente è finita a non ascoltare la parola di Gesù! Il quale è anche un Maestro da cui lasciarsi portare alla fede, non solo un Signore da servire con le opere.

Anche il migliore buon samaritano, senza il nutrimento della parola di Cristo e della preghiera al Padre, rischia di stancarsi, perdere i motivi per cui agisce, e rischia di finire a fare le opere di carità non per la Grazia ricevuta, ma per amore di sé stesso. La gratuità del servizio ha sempre bisogno di essere nutrita dal dono gratuito dell’amore di Gesù Cristo: “Gratuitamente avete ricevuto”, ricorda Gesù ai discepoli che manda in missione, “gratuitamente date”. E date non del vostro, perché siete poveri e dovete restarlo, ma di ciò che lo Spirito vi dà, con abbondanza.

Per due persone come voi, con il vostro passato di servizi alla Chiesa nelle varie comunità, che hanno coinvolto anche le vostre famiglie e in particolare le vostre spose, potrebbe esserci il rischio di credere che basta continuare a intrecciare Vangelo e Carità come prima, solo con qualche disponibilità in più. Invece la Grazia permanente del sacramento che ricevete, vi deve aprire a fare le cose solo per il Signore, per amore di lui e della sua Chiesa, non per corrispondere alle valutazioni degli altri o per cercare la loro approvazione, non per essere stimati e onorati dalle comunità e dagli amici. “Qualunque cosa facciate, fatela di cuore, come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che dal Signore riceverete come ricompensa l’eredità. Servite il Signore che è Cristo!” (Col 3,23s) scrive Paolo ai Colossesi.

Riascoltiamo il passo famoso del Vangelo che si legge nella memoria liturgica dei diaconi martiri, ma che si applica anche a tutti noi ministri ordinati: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà”. Se uno segue il Cristo, se sa rinunciare a sé stesso e prende la propria croce, – quella del servizio e della carità– avrà l’onore e la gioia della unione con Lui.

In concreto nella vostra missione in casa, in parrocchia, nelle attività caritative soprattutto, che dovrete privilegiare nel vostro ministero, dovrete apparire poco perché risplenda, più di voi, il Cristo Servo in voi. Dovrete trasmettere più la fede e la Grazia di Dio, che il vostro aiuto umano ai fratelli, che è sempre necessario, ma è solo un segno dell’amore di Dio. Dovrete stare attenti perché vedendo le opere del vostro servizio ecclesiale la gente renda gloria a Dio, non a voi! Come scrive Paolo: “Dio ha potere di far abbondare in voi ogni grazia perché… possiate compiere generosamente tutte le opere di bene”.

Chiediamo con fiducia allo Spirito di Dio questa Grazia con il sacramento dell’ordine.