Omelia di Sant’Apollinare – 23 luglio

30-07-2014
Sant’Apollinare
 
Ravenna, 23 luglio 2014
 
 
Ricordare Sant’Apollinare Vescovo, fondatore della nostra chiesa, evangelizzatore della Romagna e patrono non solo della diocesi, ma di tutta la regione ecclesiastica Emilia Romagna, è ringraziarlo perché ha sostenuto il cammino dei cristiani per tanti secoli. Ci ha protetti quando ai vescovi e al clero è toccato di svolgere ruoli di supplenza, guidando anche la società, la politica e l’economia. Ma ci ha custoditi anche quando la separazione tra Chiesa e società è stata forte con conflitti tra concittadini credenti e non credenti, anche in tempi vicini. Ha vegliato sempre su di noi, dalla Cattedrale a Sant’Apollinare in Classe, dove sono le sue reliquie, alla piazza del Comune, dove svetta sulla colonna che lo ricorda.
 
 
La prima grazia: ripartire dalla carità di don Lolli. 
 
Oggi però a Sant’Apollinare vorrei che chiedessimo un intervento speciale, che andrà a vantaggio della nostra bella Chiesa di Ravenna Cervia, ma anche di tutta la città e del territorio. Chiediamo una grazia grande che lui può compiere perché è un Santo potente: martire, fondatore, amico degli apostoli di Gesù. Per noi che abbiamo fede nella “comunione dei santi” questi sono fatti che contano!
 
Vorremmo che ci aiutasse, come Chiesa locale, a prendere in mano l’Opera Santa Teresa, con tutte le sue diramazioni, per ripartire con lo stesso spirito e la stessa carità che animò don Angelo Lolli, suo fondatore e padre. Diversi problemi formali e pratici, giuridici e amministrativi, ci hanno occupati e preoccupati in questi ultimi tempi e grazie soprattutto a don Paolo Pasini e ai suoi collaboratori, che hanno lavorato con grande passione e serietà, sempre leali nel loro servizio, è iniziata una svolta importante. La famiglia di sant’ Teresa, infatti, è diventata da tempo, grande, grandissima. E la crescita in quantità ci chiede ora un salto di qualità nell’ordinamento delle persone, dei compiti, dei servizi e nei rapporti con le realtà esterne. L’apertura, ormai prossima, della grande casa di Faenza, grazie all’aiuto di diversi benefattori, aumenterà ulteriormente la necessità di questo passo.
 
Già sono state prese decisioni, ma dovremo continuare a cambiare l’ordine della vita interna, lo stile delle relazioni con gli ospiti e con chi viene in casa, con almeno tre scopi, evangelicamente rilevanti:
 
– il primo: perché i poveri e i malati continuino a essere accolti, amati, serviti come fossero il Signore “in persona”;
 
– il secondo: perché la dimensione caritativa continui a essere al primo posto rispetto alle altre esigenze o iniziative e si possano accogliere e servire coloro che nessuno vuole o può aiutare;
 
– il terzo: perché i volontari credenti o non credenti di Ravenna o di Faenza, o di tutta la Romagna e da fuori, siano attirati a venire e poi educati a servire e amare gli ultimi con lo stile e il cuore di Gesù.
 
Per fare tutto questo ci vogliono quelli che, come il buon samaritano si fermano a raccogliere i feriti o i colpiti della vita e se ne fanno carico personalmente. Ma ci vogliono anche quelli che, come l’albergatore della parabola, ospitano e curano per tutto il tempo necessario coloro che sono soccorsi e portati nella sua casa, con la stessa carità del samaritano. Ricordiamo le azioni del samaritano descritte dal Vangelo: passandogli accanto, lo vide, ne ebbe compassione, gli si fece vicino, ne fasciò le ferite, lo caricò, si prese cura di lui, tirò fuori i denari, disse all’albergatore “abbi cura di lui” (Lc 10,29-37). Sono le nostre “azioni modello” che insieme alle indicazioni di don Lolli devono guidare tutti coloro che operano in casa a Santa Teresa.Ci vogliono case adatte, braccia adatte, ma soprattutto cuori adatti, modellati sulla “compassione” del grande samaritano, cioè di Gesù stesso. E ci vogliono persone consacrate che li ispirino e li educhino alla carità.
 
 
La seconda grazia: le consacrate nella carità verso i più poveri e abbandonati
 
Con l’aiuto di sant’Apollinare chiedo perciò una nuova fioritura vocazionale nella nostra diocesi: abbiamo bisogno di ragazze e di donne che, come ai primi tempi di don Lolli, si consacrino al Signore e vivano la carità verso i poveri e i malati nelle case dell’Opera sant’ Teresa e nei centri gestiti dalla Pieve, dove sono accolti handicappati fisici o psichici, piccoli e grandi, alcuni anche gravemente inabili.
 
Noi come diocesi, io come vescovo, i sacerdoti, i diaconi e i laici che incaricherò, ci impegneremo ad accompagnarle e a formarle per questo tipo di vita, in accordo e con l’aiuto delle Suore della Piccola famiglia dell’Opera Santa Teresa, che dovranno svolgere la funzione di lievito per trasmettere quello che hanno vissuto e amato del carisma del fondatore. Non solo con la testimonianza della loro povertà, della castità e dell’obbedienza, ma anche di un servizio umile e pieno di carità verso gli ultimi.
 
Faccio quindi un appello ai parroci e a tutti i sacerdoti diocesani e religiosi che lavorano nel campo difficile, ma ricchissimo della pastorale giovanile: lanciamo questa possibilità di “consacrazione nella caritàverso i più poveri e abbandonati! Riprendiamo in mano gli scritti del Fondatore don Angelo Lolli e lasciamoci ispirare per la proposta vocazionale.
Ci vorrà del tempo?… tutto quello che Dio vorrà!
 
Intanto però, come abbiamo chiesto all’ultimo vescovo santo di Ravenna, Guido Maria Conforti, di pregare e ottenerci le vocazioni missionarie per la missione diocesana in Perù, adesso chiediamo al primo vescovo santo di Ravenna, Apollinare, di ottenerci vocazioni alla vita consacrata per l’Opera di sant’ Teresa. Abbiamo bisogno più di consacrate che di aiuti materiali – anche se l’opera sopravvive solo perché c’è la Provvidenza! –, ma sopravviveremo invano se si perdesse il carisma caritativo di don Lolli, che solo può animare i laici e le famiglie, il personale di servizio, gli operatori sanitari, i volontari e i consacrati della famiglia religiosa da lui voluta a garanzia della continuità di ciò che il Signore gli aveva ispirato.
 
Ho detto ragazze e donne non perché si debbano escludere vocazioni di consacrazione maschili, che sono state presenti in passato e anche oggi ci sono almeno come segno. Se ce ne saranno, benvenuti! Ma mi sembra che questa sia una vocazione particolarmente adatta al “genio femminile”, alla capacità di amare e di prendersi cura della vita, propria della donna. Lo hanno dimostrato le nostre suore della Piccola Famiglia e tante altre consacrate alla carità nella Chiesa di ieri e di oggi.
 
Abbiamo bisogno soprattutto di madri e sorelle dei nuovi poveri: dei malati che nessuno vuole più curare, dei piccoli rifiutati perché non “ perfetti”, dei disabili, dei bambini in attesa di affido o adozione, dei figli delle schiave della tratta e delle immigrate abbandonate dai coniugi, dei disabili che hanno genitori anziani e angosciati da ciò che potrà succedere dopo di loro, degli anziani che le famiglie divise non riescono più a curare…
 
La carità potrà aprire nuove porte dell’Opera Santa Teresa ai nuovi poveri.
 
Anche le strutture dei servizi pubblici si potranno forse allargare, se gli enti locali rinunzieranno a usare le risorse per altri scopi meno significativi; ma altri poveri, altri “scartati” dalla vita arriveranno alle nostre porte: “I poveri li avete sempre con voi”, ci ha detto Gesù (Mt 26,11). E per noi questa è una grazia, non un problema!
 
Non dobbiamo avere paura di chiedere molto al Signore, tramite Sant’Apollinare, che ha ottenuto miracoli simili nel passato (penso alla vocazione consacrata di San Romualdo); né di chiedere molto alla nostra Chiesa diocesana: alla preghiera di tutti, alla generosità dei giovani, delle ragazze e delle donne in particolare. Noi vescovo, preti e diaconi insieme, catechisti ed educatori, dobbiamo seminare, proporre, motivare i nostri giovani e far loro scoprire la grandezza, la profondità e la bellezza dell’amore di Dio, fonte di ogni altro amore e di ogni consacrazione. Non vale l’obiezione che “i giovani che si vogliono impegnare sono pochi”: se le imprese sono belle e grandi, si presenteranno all’appello!
 
Noi piuttosto, dovremo farci trovare pronti ad accoglierli e a prepararli per questi compiti. Dovremo far trovare loro ambienti, case, comunità, ma anche operatori e volontari, laici e suore, che rispondano alle loro attese e sappiano trasmettere il carisma caritativo di don Lolli. I doni di Dio che ci saranno dati non trovino un terreno chiuso nelle abitudini del passato e poco disponibile alla novità. Don Angelo Lolli, del quale portiamo avanti la causa di beatificazione, ci darà una mano dal cielo, sicuramente.
 
 
La terza grazia: una Chiesa in stato di carità
 
Non credo però sia corretto fermarsi solo ai recinti dell’Opera, anzi questa mi sembra un’occasione perché come Chiesa diocesana tutta ci apriamo ancora di più alla carità. Papa Francesco ci ha chiesto di trasformare le nostre parrocchie, le associazioni, i movimenti in “comunità missionarie”, ma ciò sarà possibile solo se saranno anche decisamente aperte alla carità. Abbiamo una storia a Ravenna ricca di iniziative sia caritative e che assistenziali, entrambe del tutto necessarie.
Una parte di esse però spesso sono rinchiuse dentro regole burocratiche che irrigidiscono i rapporti con l’esterno, le rendono costose, limitano le potenzialità di accoglienza, soprattutto ai nuovi poveri. Possiamo aprire come Chiesa diocesana e come parrocchie, non solo come Opera Santa Teresa, nuove vie, a nostre spese fidandoci della Provvidenza come sempre, per dare segni concreti del vangelo della carità che trasforma la storia.
 
E con il rilancio della vita consacrata a servizio dell’Opera Santa Teresa, chiediamo a Sant’Apollinare di mantenerci tutti in stato di carità, così come abbiamo chiesto al vescovo Conforti di metterci in stato di missione. Questi due movimenti del cuore della nostra Chiesa sono contemporanei e solidali: la spingono entrambi fuori da se stessa. E ci aiutano a far sì che l’altro movimento del cuore della Chiesa, quello verso l’interno, verso la comunione, non diventi un chiuderci nel nostro nido. Comunione fraterna all’interno e carità missionaria all’esterno, saranno sistole e diastole della nostra vita ecclesiale.
 
Lo Spirito Santo e i nostri due patroni Sant’Apollinare e San Guido Maria Conforti, ci diano tutto ciò e ci aiutino a rispondere con gioia e passione al dono che ci aspettiamo.
 
 
Ravenna, 23 luglio 2014, Sant’Apollinare                               
 
+ Lorenzo, Arcivescovo