Omelia della III domenica C – 27 gennaio: “Annunciatori del Vangelo e ministri della Parola, come Luca”

15-04-2013
Omelia della III domenica C
Cervia, 27 gennaio 2013
 
Annunciatori del Vangelo e ministri della Parola, come Luca
‘Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.’(Lc 1,1-4)
In questa domenica inizia la lettura del Vangelo secondo Luca. L’evangelista ci mette di fronte al suo disegno, al suo progetto: fare un resoconto ordinato per quelli che come Teofilo sono di cultura ellenistica, hanno già la fede cristiana e amano il Dio di Gesù Cristo. Teofilo, in greco, è ‘colui che ama Dio’. Luca vuole dunque scrivere quello che si trasmetteva oralmente o in modo frammentario, perché i credenti ellenisti, che magari non erano mai stati in Israele, si rendano conto della solidità degli insegnamenti che hanno ricevuto. I racconti su Gesù infatti non sono storie inventate né miti religiosi, come quelli che circolavano nel mondo pagano, ma sono basati su fatti storici, databili. A loro l’evangelista Luca propone, con una sua interpretazione teologica, gli avvenimenti che si sono compiuti: la nascita di Gesù, la sua missione, la sua morte e risurrezione, fino alla nascita e alla missione della Chiesa dopo la Pentecoste. L’evangelista ricorda che questi eventi sono stati trasmessi in un primo tempo da dei ‘testimoni oculari’ che poi sono divenuti ‘ministri della Parola’, cioè servitori della parola evangelica. Essi non si sono limitati a fare i cronisti, ma hanno raccontato ciò che ha provocato in loro la nascita della fede e ha cambiato la loro vita, tanto da aver poi dedicato la vita all’annuncio della parola e alla testimonianza, qualcuno anche fino al martirio, come racconterà nel libro degli Atti degli Apostoli.
Anche Luca non farà solo lo scriba che si limita raccogliere con ‘ricerche accurate indagando ogni circostanza’, quello che dicono altri, come farebbe un notaio. L’evangelista metterà in ordine parole e fatti della vita di Gesù intorno al capitolo centrale della sua opera, il cap. 15, ‘ quello del figlio prodigo e del padre misericordioso, della pecora smarrita. Questo perché il valore più alto che meglio illumina il volto di Dio Padre, ‘ secondo lui’, è la misericordia senza limiti e senza condizioni, la compassione materna e paterna di Dio che non vuole perdere nemmeno uno dei suoi figli, l’amore che perdona e si rallegra per un solo peccatore che si converte, più che per 99 giusti. Tutto il vangelo di Luca ha qui il suo nucleo caldo, il suo cuore. Così anche lui, toccato da questa scoperta su Dio, è diventa non un notaio o uno scriba, ma un testimone, un annunciatore, un ministro della Parola. Accompagnerà anche Paolo in uno dei suoi viaggi apostolici e con un ruolo attivo di evangelizzatore.
Luca non trasmette infatti solo delle conoscenze storiche, ma soprattutto ciò che lo ha colpito e commosso di quegli avvenimenti, quel modo speciale di rendersi presente di Dio nella storia dell’uomo, per liberarlo dalle oppressioni, per ridargli la luce nelle tenebre, per portargli la ricchezza del suo amore gratuito dentro le tante povertà che segnano tutte le relazioni umane anche quelle più importanti. Luca così non solo scrive, ma annuncia il Vangelo, la bella notizia attesa nel profondo da tutti gli uomini, che Dio non è il Dio della Legge, ma il Dio della Grazia.
E raccolgo qui uno spunto per noi oggi: ci stiamo impegnando per rinnovare l’evangelizzazione e per rivitalizzare la fede di tanti nostri contemporanei che sono immersi ‘almeno così ci sembra ‘ nell’indifferenza e nell’autosufficienza. Ma, mi chiedo, noi abbiamo trovato un aspetto, un punto, una parola del vangelo che ci ha colpito il cuore e ci ha lasciato una ferita positiva, che ci ha fatto nascere un desiderio forte, insopprimibile, di comunicare il Vangelo a tutti, alla luce di questa esperienza? C’è un aspetto, una qualità, un atteggiamento di Dio rivelato dallo stile di vita di Gesù o dalle sue parole, che ci commuove e ci suscita continuamente la voglia di ringraziarlo, di lodarlo, di incontrarlo e di stare alla sua presenza? Perché se non c’è questo tipo di conoscenza di Dio, o del Signore Risorto e vivo, o del suo Spirito, che assomiglia più ad un innamoramento che ad una conoscenza intellettuale, il nostro annuncio non avrà passione, non convincerà, non colpirà il cuore. Ricordate cosa dicono i discepoli proprio nel racconto finale del vangelo di Luca, l’episodio di Emmaus: ‘Non ci ardeva forse il cuore, mentre ci spiegava le scritture?‘ (Lc 24,32). Senza questo fuoco ‘il vangelo resta un libro come altri, Dio rimane lontano, ‘scrive un autore (Ignazio di Laodicea)’ Cristo resta nel passato, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità dominio, la missione propaganda, il culto una semplice evocazione, e l’agire cristiano una morale da schiavi‘.
‘In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito
Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:¿«Lo Spirito del Signore è sopra di me’».¿
E ci domandiamo: chi ci potrà dare questo fuoco? Chi ci potrà condurre dentro questa esperienza di Dio conosciuto più come il Dio dei padri (Abramo, Isacco, Giacobbe) che il Dio dei filosofi (B. Pascal)? Chi ci farà conoscere Gesù vivo e presente tanto da non riuscire più a progettare la nostra vita senza stare dietro di lui, come discepoli amati che non riescono a vivere senza il maestro che li chiama ad essergli amici?
È sempre Luca che propone più volte, nel vangelo di oggi come nel libro degli Atti degli apostoli, la venuta dello Spirito come la vera esperienza che cambia la vita e permette ai discepoli di Cristo di ardere: accesi dalla sua Parola, alimentati dal suo pane di vita, riscaldati dalla carità dei fratelli. Anche Gesù all’inizio della sua missione di evangelizzatore riceve l’effusione dello Spirito che lo consacra e lo guida, lo ispira e gli dà il coraggio della mitezza e della franchezza nelle lotte contro il maligno e contro gli oppositori. Così insegna e libera, guarisce e illumina, con la potenza dello Spirito e la gente stupita e ammirata gli dà lode.
Ma anche la Chiesa, ci dice Luca, potrà iniziare con efficacia la sua missione solo dopo la Pentecoste, spinta da quel vento impetuoso e dalle fiamme di fuoco che si posano su ciascuno (At. 1). Mossi dallo Spirito, Pietro, Paolo, Giacomo, gli altri apostoli, poi Stefano, Filippo, Barnaba, Marco, Tito, Timoteo, Lidia, i coniugi Aquila e Priscilla, e tanti altri semineranno il Vangelo in un modo così coraggioso e libero che esso è arrivato fino a noi, attraverso le generazioni dei nostri padri e delle nostre madri che ce lo hanno trasmesso con testimonianza splendenti, a volte anche a prezzo del proprio sangue.
È allo Spirito del Signore allora che ci dobbiamo rivolgere perché ci faccia entrare negli avvenimenti di cui parla il Vangelo, ci apra il cuore ad una comprensione profonda, ci faccia scoprire un aspetto, una qualità del nostro Padre dei cieli, un gesto o una parola di Gesù che ci colpisca e ci faccia entrare in modo nuovo nella vita e nel cuore di Dio. E, a partire da questa esperienza ‘spirituale’ ‘ cioè frutto dello Spirito ‘ , ci faccia annunciatori franchi e coraggiosi, caldi e decisi, della libertà e dell’amore gratuito che il Padre vuole dare a ciascuno, vicino o lontano.
Maria Madre della Chiesa, ci aiuti con la sua protezione e con la sua preghiera potente ‘ e sempre ascoltata dal Figlio ‘, a generare anche noi altri fratelli alla fede, con una testimonianza piena di gioia e passione per la salvezza di ogni uomo e donna sulla terra. 
+ Lorenzo, Arcivescovo