Messa del Crisma – 1 aprile: “Alle Fonti della nostra Vocazione”

08-04-2015
Messa del Crisma
 
Ravenna, 1 aprile 2015
 
Alle Fonti della nostra Vocazione
Marco 1, 14-20
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”.
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: “Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini”. E subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
 
Chiamati a diventare pescatori, prima che pastori
Secondo il Vangelo di Marco Gesù inizia la sua missione chiamando alcuni pescatori a seguirlo. I primi quattro discepoli saranno più tardi scelti da Gesù stesso per entrare nel gruppo dei Dodici, che i Vangeli chiamano anche Apostoli, cioè “inviati o mandati”, con un nome poco diffuso nel greco classico, ma che esprime bene la loro identità prevalente.
Gesù li invita ad andare dietro a lui e li prepara al loro destino  futuro: “Vi farò diventare pescatori di uomini”. Faccio notare: non “pastori”, ma “pescatori”. Gesù parla di pastori nelle parabole e negli esempi che fa alle folle, ma non definisce nessuno, nemmeno i Dodici, “pastori”. Proclamerà che solo Lui è il Buon Pastore (Gv 10), colui che dà la vita per le pecore, a differenza dei mercenari o dei ladri. Solo nel capitolo 21 del vangelo di Giovanni – una singolare Appendice ispirata –  troviamo unite le due immagini, dopo la risurrezione: prima una pesca miracolosa poi l’affidamento a Pietro delle pecore che rimangono comunque sue: “Pasci le mie pecore”! (Gv 21,17), dopo la verifica di un amore particolare e personale.
E mi sono chiesto: vista la nostra situazione ecclesiale, dove i ministri ordinati sono chiamati a lavorare non più per custodire il piccolo gregge nel recinto, attorno al campanile, ma per aprire le porte e annunciare il vangelo della gioia alle donne e agli uomini del nostro tempo – che sono in ricerca di un senso profondo e di una felicità che non svanisca –, non sarà opportuno riscoprire la radice della nostra vocazione di presbiteri e diaconi nelle prime chiamate di Gesù? Perché ha scelto dei pescatori? Che cosa ha cambiato in loro con la chiamata e la sequela? Cosa chiedeva con quella promessa che preannunciava anche un compito: “Vi farò diventare pescatori di uomini”?
Cerchiamo di capire quindi non solo cosa successe allora, ma quali sono le esigenze per la nostra vocazione oggi.
Ci sentiamo capaci di affrontare i nuovi compiti che lo Spirito del Signore, anche tramite Papa Francesco, ci sta mettendo davanti? Non rischiamo di tralasciare un tipo di servizio pastorale alla fede della gente che almeno ci garantisce la presenza di una minoranza fedele? Riusciremo a cambiare il nostro orizzonte pastorale, come ci ha chiesto Papa Francesco al famoso numero 27 della Evangelii Gaudium: “Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’auto-preservazione”?
Ci crediamo che nella nostra Chiesa di Ravenna Cervia sia possibile “una riforma, una conversione della pastorale ordinaria, più espansiva e aperta, che favorisca la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia” o temiamo di destrutturare una prassi conosciuta senza aver un nuovo progetto chiaro e dettagliato che la sostituisca?
Trasformati dalla Parola
Torniamo allora al Vangelo. Nella chiamata Gesù dice “vi farò diventare”. La vocazione che anche noi abbiamo ricevuto, non è solo un appello esteriore alla volontà perché si decida a fare qualcosa di diverso. C’è la potenza della Parola creatrice di Dio che promette una trasformazione della persona: vi farò diventare. Certo questo può avvenire se la risposta dei chiamati non è solo un “” esteriore, a un ruolo da svolgere come funzionari che lavorano a orario fisso, un sì dettato dal bisogno di sistemarsi o dalla fuga da altre responsabilità… ma un “eccomi” pieno, senza pretese, incondizionato, libero dai beni materiali, dagli attaccamenti affettivi, dalla ricerca della propria realizzazione personale. Un eccomi pieno di amore, disponibile a lasciar morire qualcosa di sé tutti i giorni, perché il Cristo sia sempre più Signore di tutta la propria esistenza. «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9, 23).
La risposta ai nostri dubbi sulla capacità di cambiare il nostro stile pastorale e di riuscire a vivere in modo diverso il ministero ordinato è qui. La sequela Christi può trasformare dei pescatori di pesci, in pescatori di uomini. Mestiere faticoso il primo; difficilissimo e del tutto imprevedibile il secondo, ma obbedendo alla parola potente del Risorto è possibile anche la pesca miracolosa (Lc 5,1-11; Gv 21)!
Mandati a rappresentare Gesù “al vivo”
E vediamo in tutti i racconti evangelici che Gesù non vuole fare tutto da solo. Sceglie e chiama alcuni tra i suoi discepoli “perché stessero con lui e per mandarli a predicare”, cioè per formarli alla sua sequela e poi inviarli in missione (Mc 3,13-19). A Gesù sta a cuore non raccogliere un gruppo attorno a sé come i rabbi, fare la sua fondazione religiosa, il suo movimento, tenersi stretti i suoi amici…, ma gli sta a cuore la diffusione della notizia più attesa di tutti i tempi, che Dio cioè vuole salvare tutti i suoi figli e radunarli in un’unica famiglia; che li accoglie così come sono e vuole perdonarli, perché imparino ad amarsi e a vivere in comunione.
Gesù ha bisogno e vuole degli apostoli che lo seguano per assumere una responsabilità missionaria: “Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano (Mc 6,7-13).
Egli non guarda alle virtù eroiche o ai meriti religiosi per scegliere i suoi. Le “competenze” richieste sono quelle di chi è un robusto lavoratore del mare, capace di sfidare i pericoli e i rischi grandi del lavoro di notte, di sopportare l’instabilità delle acque, le minacce del vento contrario e delle tempeste improvvise. Gesù chiede cioè una maturità umana forte e provata non con i gesti di un’ascesi artificiale o recitata, ma vuole una maturità verificata dalle prove e dalle privazioni della vita reale, dalla durezza del lavoro, da quelle fatiche che spesso non portano né frutti verificabili né ricompense. Qui c’è un compito chiaro per noi ministri ordinati, un impegno permanente di autoformazione e di lavoro sulla nostra umanità, se vogliamo rappresentare “al vivo Gesù Cristo crocifisso!” (Gal 3,1).
Pescatori di uomini
È Gesù che sceglie i primi discepoli, ma anche tutti gli altri, dopo averli fatti incontrare con la sua Parola che chiama a cambiare la mentalità mondana e a credere nel regno di Dio che è vicino. Egli annuncia che con la sua presenza il tempo dell’attesa è compiuto, ora ogni progetto di Dio è possibile. E in Lui, Gesù, Dio si fa vicino a tutti perché lo ascoltino e gli credano. Anche i cuori più chiusi e più lontani possono aprirsi alla salvezza, se dopo la prima missione i settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: “Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome” (Lc10,17).
L’unico ostacolo alla Signoria di Dio è la volontà negativa degli uomini, il loro rifiuto ostinato, la loro lotta per non lasciarsi vincere dal suo amore e così salvarsi dalla morte. Rifiuti e resistenze che sperimentiamo anche noi: nell’ateismo contemporaneo; nelle ideologie che vogliono emancipare l’uomo senza Dio; nel sottrarsi allo splendore della Verità per rifugiarsi nel culto delle verità piccole e deboli; nel libertarismo che assolutizza la libertà svincolandola dalla responsabilità di amare e rispettare la vita e la dignità degli altri soprattutto se piccoli o deboli, nascituri o vicini alla morte… Ma non aprendosi a Dio, ci si chiude anche all’uomo. Rifiutando il suo Regno, la Signoria del Dio ricco di misericordia, non si sviluppa nessun vero umanesimo, né nasce una società giusta e solidale.
Ed ecco la funzione dei pescatori di uomini, diversa da quella dei pastori: sono chiamati a prendere il largo, non a stare al sicuro sulla riva; a lavorare di notte, non nella chiarezza e prevedibilità del giorno. Sono chiamati a gettare le reti per catturare, non a stare ad aspettare che i pesci vengano a riva da soli; e poi devono trattenerli, perché i pesci vorrebbero ritornare nelle loro acque.
Con una grande differenza rispetto ai pescatori di pesci: i pescatori di uomini li tirano fuori dalle acque e li radunano insieme non per farli morire, ma per farli vivere. Li estraggono dalle acque di morte perché vengano alla luce, perché rinascano a vita nuova, come si vede bene nel Battesimo!
Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me
Nasce però in noi l’obiezione: e quando c’è il rifiuto? Noi viviamo in una terra che ha già conosciuto il cristianesimo, in mezzo a persone che hanno deciso di abbandonare la pratica di quando erano ragazzi e di non ascoltare il messaggio evangelico. Anche Gesù ha sperimentato opposizione, rifiuto, persecuzione e l’ha prevista per i suoi: “Chi ascolta voi ascolta me chi disprezza voi disprezza me” (Lc 10,16). Ha sempre saputo che il seme non porta frutto automaticamente su tutti i terreni, sa che ci sono coloro che abbandonano o che sono infedeli, sia tra i discepoli che tra gli apostoli. Ma ai suoi apostoli chiede di non arrendersi, come nella parabola degli invitati che non vogliono venire al banchetto, con mille scuse.  “Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: «Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi». Il servo disse: «Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto». Il padrone allora disse al servo: «Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia.”(Lc 14,21-24)
Noi, “pescatori di uomini” di oggi, dobbiamo chiederci: viste le giustificazioni e le resistenze dei nostri contemporanei, quali sono le piazze e le vie della città post-moderna; quali sono le strade e le siepi nelle nostre periferie (geografiche o esistenziali), che dobbiamo percorrere per andare a cercare i “poveri”, i senza-peso economico e politico che non hanno voce, quelli che sono bloccati dalle proprie fragilità o dalle dipendenze, quelli che sono accecati dalle ideologie o dalle illusioni del consumismo, quelli che fanno fatica a camminare al ritmo di una società troppo veloce e sono emarginati? In quali luoghi vivono i tanti feriti dalla vita, i bisognosi di cura spirituale, del ministero della consolazione, del perdono, della misericordia: dove sono nascosti? Bisogna uscire a cercarli e “costringerli” ad entrare perché il Signore vuole che la sua casa sia piena, che nessuno dei suoi figli vada disperso e rimanga nell’angoscia, vagando senza meta come pecora smarrita.
Ma cosa significa “costringere” per un ministro ordinato oggi, alla luce dello spirito evangelico che chiede che l’atto di fede sia libero? Significa forse fare come Gesù davanti all’infermo alla piscina di Betzatà (Gv 5, 2ss) che da 38 anni giaceva nella sua infermità, dava la colpa agli altri che non lo aiutavano e sopravviveva nella sua miseria. Gesù non si ferma davanti alla sua chiusura in se stesso, al suo pessimismo e alla sfiducia che niente e nessuno lo avrebbe potuto curare e lo provoca: “Vuoi guarire?” Cioè, vuoi tornare a vivere da uomo in pienezza? Vuoi affrontare la tua fuga dalla vita e prendere in mano il tuo presente con speranza, senza rimanere schiavo del tuo passato? Vuoi la gioia? Allora “Alzati prendi il tuo lettuccio e cammina!” Gesù da vero pescatore di uomini, non si arrende davanti alle scuse, alle difese, alle resistenze, provoca e propone il suo Vangelo di vita, gratuitamente ma decisamente, opportune et importune. E le risposte arrivano.
Due pescatori di uomini: san Paolo e Papa Francesco
Ascoltiamo cosa dice il più grande “pescatore di genti” del passato, San Paolo, nel suo testamento spirituale a Timoteo e agli altri ministri del Vangelo: “Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento. Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole. Tu però vigila attentamente, sopporta le sofferenze, compi la tua opera di annunciatore del Vangelo, adempi il tuo ministero.” (2 Tm 4,1-5)
E cosa dice il più illuminato ed efficace pescatore di uomini del nostro tempo, Papa Francesco (riferendosi all’episodio dei discepoli di Emmaus): “Serve una Chiesa che non abbia paura di entrare nella loro notte. Serve una Chiesa capace di incontrarli nella loro strada. Serve una Chiesa in grado di inserirsi nella loro conversazione, che sappia dialogare con quei discepoli che vagano senza meta, da soli, con il proprio disincanto.
… Davanti a questo panorama, serve una Chiesa in grado di far compagnia, di andare al di là del semplice ascolto; una Chiesa che accompagna mettendosi in cammino con la gente; una Chiesa capace di decifrare la notte contenuta nella fuga di tanti fratelli e sorelle…  ma è necessario saper leggere il tutto con coraggio. Gesù diede calore al cuore dei discepoli di Emmaus.
Serve una Chiesa che torni a portare calore, ad accendere il cuore”. (cfr. Discorso all’episcopato brasiliano, 27 luglio 2013, n. 3)
Coraggio e calore chiediamo oggi per noi allo Spirito di Dio!
+Lorenzo, Arcivescovo