Intervento nell’incontro del Collegio Plenario della FTER – 6 giugno

24-04-2018

Intervento nell’incontro del Collegio Plenario della FTER

 

Bologna, 6 giugno 2016

 

Premessa

Dalla riunione della Commissione di Alto Patronato della FTER sono emerse diverse considerazioni e valutazioni su AVEPRO; futuro della FTER; la questione economica; la conformazione dell’edificio in cui ha sede la facoltà; circa il dialogo con la città; il dialogo coi giovani e gli universitari in particolare; circa il ruolo formativo riguardo ai nostri seminaristi, ai presbiteri, ai religiosi, ai laici…

Vogliamo ribadire una affermazione. Riteniamo la FTER uno strumento della massima importanza per la formazione teologica, ma anche per l’educazione globale degli studenti.

 

L’obiettivo generale.

Lo definisco così: partecipare alla missione della Chiesa oggi, sotto la guida dell’Evangelii Gaudium; collaborare alla preparazione dei presbiteri, dei diaconi, dei religiosi e dei laici all’annuncio e alla testimonianza del Vangelo nella nostra cultura occidentale, nelle nostre terre, nelle nostre Chiese con i loro cammini, le loro tradizioni, la storia e la spiritualità propria di ciascuna. Quindi ci aspettiamo una formazione filosofica, teologica e con l’apporto di tutte le scienze umane, che metta in luce di ogni argomento la rilevanza per l’oggi della Chiesa. Una formazione che tocchi il cuore e non solo la mente, la vita di fede e la partecipazione ecclesiale delle persone, sia dei docenti che degli studenti. Non una formazione astratta, a-storica, ma già inculturata, coinvolgente.

 

Possiamo pensare a due obiettivi intermedi.

Il primo: educare gli studenti a una fede adulta, capace di farli stare agevolmente nelle case, nelle famiglie di oggi, e anche nelle piazze di oggi; capaci di comunicare la loro fede con efficacia evangelica, suscitando domande e desideri sopiti dalla indifferenza prodotta dalla secolarizzazione.

Il secondo: formarli all’azione pastorale dentro la pastorale delle nostre Chiese locali, con strumenti, linguaggi, atteggiamenti adatti alle persone che incontreranno oggi, sia dentro le comunità parrocchiali che fuori, negli ambienti di vita.

Un problema.

Tra le realtà oggetto di valutazione nel nostro incontro della Commissione ne è emersa una preoccupante. Si è parlato di uno scollamento all’interno del corpo dei docenti, così come di una diversa valutazione circa il rapporto della Facoltà con le Chiese locali di appartenenza degli studenti. Questo ci preoccupa sia per i seminaristi che per i laici.

In diversi documenti magisteriali sulla formazione soprattutto dei futuri ministri ordinati, si richiede sempre più la capacità di comunione e di buone relazioni come premessa indispensabile per l’azione missionaria dei ministri (ma vale anche per i laici). Addirittura lo si segnala come uno dei criteri per l’ammissione agli Ordini.

Ma come formare dei ministri e dei laici alla comunione concreta, ecclesiale, se i formatori non sono in comunione tra loro? Come formarli alla difficile missione delle nostre Chiese oggi, se l’obiettivo missionario non riesce a far superare differenze, distanze, diffidenze, personalismi, autoreferenzialità, che in modo più o meno pesante condizionano i docenti? Abbiamo preso atto di questi atteggiamenti divisivi che sono presenti in singoli e in sottogruppi, e da un tempo ormai molto lungo. Forse non è possibile quantificare il danno alla formazione dei seminaristi e degli altri studenti, ma siamo sicuri che c’è e comunque c’è una sofferenza che si sente e che va affrontata.

Non abbiamo pensato a provvedimenti disciplinari.

Noi abbiamo pensato invece, ancora prima che ci giungesse questo invito alla partecipazione al collegio plenario, ad una prima risposta a questa difficile situazione, che non riguarda forse tutti i docenti allo stesso modo. Abbiamo pensato a una nomina di uno dei candidati a Preside che potesse accettare un obiettivo essenziale per il suo mandato, cioè: far dialogare, far collaborare, far crescere l’unità anche a piccoli passi, con chiarimenti progressivi, con aiuti, confronti, cambiamenti di ruoli, che permettano al corpo docente di ritrovare unità di intenti e di atteggiamenti. Integrare e non escludere, ci sembra il messaggio della Chiesa di oggi, da applicare anche qui.

Per la verità verrebbe da citare Papa Francesco in alcuni discorsi sulle debolezze della Chiesa e di alcuni ambienti ecclesiali in particolare, ma li conosciamo tutti.

Una seconda risposta a questa situazione, ancora più difficile, ma che riteniamo necessaria, è un appoggio al nuovo Preside e al Consiglio di Facoltà, e a tutto il corpo docente, che permetta ai Vescovi – responsabili della Facoltà – di essere strumenti di conciliazione e di aiuto per far riprendere la collaborazione. Un tipo di presenza che favorisca un miglioramento dei rapporti interpersonali dei docenti tra loro e con gli studenti, attraverso incontri personali e anche collettivi, con modalità da stabilire. Riteniamo che tutte le realtà ecclesiali siano da curare, da seguire e da accompagnare, e la FTER è una delle più importanti per le nostre Chiese. Si possono prevedere in concreto verifiche periodiche (bimestrali? trimestrali?) del cammino, col Preside o con tutti i docenti? Oppure presenze ai Consigli o a incontri convocati appositamente?

 

Gli obiettivi che vi proponiamo nell’immediato si potrebbero esprimere in modo descrittivo così:

vorremmo che tutti i docenti fossero e si sentissero coinvolti nello sviluppo della Facoltà, perché cresca come numeri, come attività formative, come proposte all’esterno (città, Università, giovani) e all’interno delle Chiese locali;

vorremmo far crescere la collaborazione nelle attività proprie dei docenti: ricerche comuni, confronti sulle materie e sulle tematiche, dialogo e confronto sulle posizioni teologiche più originali per imparare l’uno dall’altro e per correggersi e crescere insieme, perché una stile più unitario si rifletta anche sugli studenti;

vorremmo far crescere la condivisione di tutti i fini della FTER così come sono stati definiti approvati dai vescovi e dalla stessa S. Sede, raccolti nello Statuto, recentemente rivisto, per condividere una visione comune più oggettiva;

vorremmo studiare e far sviluppare la cosiddetta “comunità educativa” che comprenda docenti, studenti, responsabili dei seminari e degli studentati, altri collaboratori, tutti coloro che interagiscono e necessariamente si influenzano nel processo educativo. Una comunità che veda tutti impegnati nel processo comune di formazione (che è sempre anche autoformazione).

(…) “Nelle comunità educative entrano a diverso titolo, con pari dignità e nel rispetto delle vocazioni, dei ruoli e delle competenze specifiche, religiosi e laici, formatori e studenti, uniti da un patto educativo, che li vede impegnati nel comune processo di formazione, al limite lungo tutta la vita”.

 

Per costruire autentiche comunità educative-pastorali occorre che:

si espliciti e si rinnovi il patto educativo: fiducia reciproca; realizzazione del progetto educativo; accoglienza delle persone;

tutte le componenti interessate partecipino al processo educativo;

si raggiunga un’immagine condivisa di comunità e si possieda un nucleo comune di valori;

si adotti la logica della relazione educativa, quale luogo della scoperta e della realizzazione della vocazione di ogni persona;

si sviluppi la valorizzazione interculturale, in un dialogo aperto e costante con coloro che provengono da altre culture;

vengano coordinati i rapporti, le competenze, i ruoli e gli interventi per mezzo della normativa;

si elabori un itinerario di crescita, attraverso il quale delineare le aree e le tappe del percorso educativo comunitario; (…).

 

È un modello comunitario di educazione e di insegnamento che potrebbe offrire luci e orientamenti utili per la nostra realtà. È da studiare.

 

+Lorenzo Ghizzoni, Arcivescovo di Ravenna Cervia