Corpus Domini – 3 giugno 2021: “Eucaristia e Sinodo”

03-06-2021

Eucaristia e Sinodo

Corpus Domini 2021

Nel Sacramento dell’Eucaristia, che stiamo celebrando come il Signore Gesù ci ha comandato alla fine dell’Ultima Cena, è Lui stesso che si dona a noi e ci offre la gioia di amare, comandandoci di condividere il suo amore con i nostri fratelli e sorelle sparsi per il mondo intero. Cristo risorto è vivente nella sua Chiesa e noi lo sappiamo fin dalla sera di Pasqua quando apparve nel cenacolo di Gerusalemme dicendo: «Pace a voi!» (Gv 20, 21). Secondo la sua promessa (cf. Mt 28, 20), egli rimane con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo.

Dobbiamo quindi benedire il Padre del Signore nostro Gesù Cristo, perché ogni volta che celebriamo l’Eucaristia ci raccoglie di nuovo come nel cenacolo, con Maria, per fare memoria del dono supremo della Vita del suo Figlio. E lo benediciamo perché l’Eucaristia alimenta in noi una sola fede e genera una sola Chiesa, perché siamo nutriti da un unico Pane di vita. In più ci mantiene in comunione visibile nella Chiesa locale con il vescovo e il suo presbiterio e con il successore di Pietro, il Papa. È dalla fede eucaristica che nasce l’unità della Chiesa universale, pur all’interno di una grande diversità di tradizioni liturgiche, teologiche e di situazioni pastorali.

L’occasione del Sinodo della Chiesa universale, che si terrà nel 2023, e del “cammino sinodale” delle nostre chiese locali italiane, che si prolungherà fino all’anno santo 2025, ci provocherà a pregare con maggior intensità, con tutti i fratelli e le sorelle di ogni Confessione cristiana, perché venga il giorno della riconciliazione e della piena unità visibile, secondo la preghiera del Signore: «Tutti siano …in Noi una cosa sola perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (cfr. Gv 17, 21).

Eucaristia e fraternità: in ascolto della sofferenza del mondo

Sono davanti a noi in questo momento storico situazioni drammatiche e tante sofferenze causate dalla pandemia, ma anche dalle guerre, dalla fame, dalla povertà, dalle ingiustizia, che colpiscono la vita quotidiana di milioni di persone. Le calamità naturali sembrano moltiplicarsi anche per le mancanze di rispetto alla natura.
Viviamo anche una sofferenza spirituale soprattutto in occidente, per le conseguenze della secolarizzazione, che portano tanti ad allontanarsi dalla fede verso l’indifferenza religiosa e il soggettivismo morale.

Tutte queste sofferenze ci interpellano in questa era di globalizzazione. Possiamo chiedere ai governanti di fare leggi rispettose della vita e dei diritti di tutte le persone, e di guidare i popoli con giustizia, rispettando il creato e la terra. Possiamo dare il nostro impegno corale di cittadini perché si garantiscano a tutti le condizioni di un vero progresso e di una vera pace. Ma queste sofferenze non possono restare estranee alla celebrazione dell’Eucaristia. Dalla comunione con il Signore e con i fratelli deve nascere la solidarietà, l’impegno di tutti a operare per la giustizia e la trasformazione del mondo, promuovendo la centralità della persona e della sua dignità.

Dall’amore vicendevole e, in particolare, dalla cura di chi è nel bisogno saremo riconosciuti come veri discepoli di Cristo (cfr. Gv 13, 35; Mt 25, 31-46). È questo che prova l’autenticità delle nostre celebrazioni eucaristiche.

«Fate questo in memoria di me»: la fede nell’Eucaristia

La vigilia della sua Passione, «Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: ‘Prendete e mangiate; questo è il mio Corpo’. Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro dicendo: ‘Bevetene tutti perché questo è il mio Sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati’» (Mt 26, 25-28); «Fate questo in memoria di me» (Lc 22, 19; 1 Cor 11, 24-25). La Chiesa, fin dalle sue origini, fa memoria della morte e risurrezione di Gesù, con le sue stesse parole e gesti dell’ultima cena, domandando allo Spirito Santo di convertire il pane e il vino nel Corpo e Sangue di Cristo.

Noi crediamo fermamente e insegniamo che le parole di Gesù, pronunciate dal sacerdote durante la Messa, per la potenza dello Spirito Santo, operano ciò che significano. Queste parole permettono la presenza vera, reale, sostanziale di Cristo Risorto (cfr. CCC 1374). La Chiesa vive di questo dono supremo che la raccoglie, la purifica e la trasforma nell’unico Corpo di Cristo animato da un solo Spirito (cfr. Ef 5, 29).

L’Eucaristia è il dono dell’amore del Padre che ha inviato il suo unico Figlio perché il mondo sia salvato dal peccato e dalla morte (cfr. Gv 3, 17); è dono dell’amore di Cristo che ci ha amati sino alla fine (cfr. Gv 13, 1); e dell’amore dello Spirito Santo (cfr. Rm 5, 5), che grida in noi: «Abbà, Padre» (Gal 4, 6). Celebrando l’Eucaristia, annunciamo con gioia la salvezza del mondo e proclamiamo la morte vittoriosa del Signore, fino al suo ritorno. Comunicando al suo Corpo noi riceviamo la «caparra» che è anticipo della nostra stessa resurrezione.

Eucaristia, missione e Messa domenicale

La celebrazione eucaristica è anche la fonte della nostra missione verso tutti, vicini e lontani. Non possiamo sottrarci –pastori, catechisti, genitori, giovani e anziani– a mobilitarci per aprire, grazie anche al cammino sinodale che avvieremo, un grande cantiere di evangelizzazione e di educazione alla fede approfittando di questo tempo di post-pandemia che vogliamo trasformare in un tempo di rinascita.

In particolare ricordiamo agli sposi e alle famiglie cristiane, la loro vocazione alla santità come chiese domestiche, che si nutrono alla Mensa dell’Eucaristia. La fede nel sacramento del matrimonio trasforma l’unione coniugale, con tutti i suoi limiti e difficoltà di percorso, in un tempio dello Spirito Santo, in una sorgente di vita nuova di cui i figli sono il frutto più bello. Chiediamo loro di non dimenticare che Cristo è presente nella loro unione e la benedice con ogni grazia necessaria per vivere pienamente la loro vocazione. E li incoraggiamo a conservare l’abitudine di partecipare con tutta la famiglia all’Eucaristia domenicale, accompagnando anche i bambini.

Se ci preoccupa giustamente la diminuzione dei presbiteri che metterà a rischio la celebrazione dell’Eucaristia domenicale, questo ci invita a pregare e a promuovere più attivamente la pastorale per le vocazioni sacerdotali.

Infine, ricordiamo a noi tutti, i quarantanove cristiani di Abitene che furono martirizzati mentre dichiaravano che non avrebbero potuto vivere senza l’Eucaristia della domenica, uniti a tanti laici e chierici santi, che hanno fatto dell’Eucaristia il centro della loro vita: intercedano per noi in questo tempo di prova affinché diventi tempo di rinascita, sostenuti dalla comunione al Corpo e al Sangue di Cristo, Risorto e vivo.

+ Lorenzo, Arcivescovo