Con un passo sinodale

Con un passo sinodale
Dal “RisVeglio Duemila” N. 21/2017
 
 Uno stile sinodale aperto e fraterno ma anche molto concreto. È quello che ha portato a casa l’arcivescovo Lorenzo Ghizzoni dell’ultima assemblea generale della Cei durante la quale è stato nominato come successore del cardinal Angelo Bagnasco alla presidenza il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve (ma originario di Marradi, sull’Appennino faentino). Uno stile che da tempo si sta cercando di concretizzare anche in diocesi, coinvolgendo i laici in tutti gli uffici pastorali con una mentalità ministeriale ed ecclesiale. Un’assemblea, quella che si è svolta dal 22 al 25 maggio in Vaticano, nella quale si è parlato soprattutto dei giovani e di come la Chiesa può ascoltarli e farsi ascoltare da loro. La cronaca dei quattro giorni di assemblea raccontati da chi l’ha vissuta in prima persona, monsignor Lorenzo Ghizzoni. Arcivescovo, per la prima volta papa Francesco ha nominato il presidente della Cei scegliendolo all’interno della terna che i vescovi hanno votato in assemblea. Com’è nato il consenso attorno alla figura del Bassetti?“Il cardinale Bassetti è molto conosciuto e apprezzato perché è stato vicepresidente della Cei e visitatore dei seminari. È un uomo di grande esperienza, che tra l’altro è stato confermato alla guida della sua diocesi dal Papa nonostante l’età. La terna è stata chiara sin dall’inizio e, come da tradizione, nei nomi che abbiamo scelto, c’è stata anche un’equa ripartizione territoriale. Ma credo che i vescovi con questa scelta abbiano voluto lanciare un messaggio di sintonia con papa Francesco”.
In quale clima si sono svolti i lavori dell’assemblea?“La parola chiave è stata sinodalità. È uno stile al quale ci ha abitualo lo stesso papa Francesco. Abbiamo parlato di pastorale, attualità, giovani in un clima aperto e caldo, perché d’altra parte lui favorisce questa modalità con le battute e la disponibilità. Nessuna questione critica è stata posta, ad esempio, sull’Amoris laetitia. Il dialogo è andato avanti in maniera molto libera, e appunto sinodale”.
Uno stile che stiamo cercando di “importare” anche in diocesi…“Sì, attraverso mattinate come quella del convegno per i catechisti di sabato scorso all’Hotel Mattei, ma soprattutto cercando di costruire equipe attorno agli uffici come strumenti di riflessione e operatività. Lo stiamo facendo nella pastorale giovanile, nella pastorale famigliare, con i catechisti, gli insegnanti di religione. Questo permette ai laici di partecipare e assicura continuità e competenza. Lo stile sinodale nella pastorale non si costruisce con una qualche democrazia partecipativa ma se sempre più persone si impegnano con una mentalità ministeriale ed ecclesiale”.  E sui giovani, uno dei temi princncipali dell2¿¿assemblea Cei, siamo sulla strada giusta?“Direi di sì. C’è stata una conferma del cammino che stiamo facendo in diocesi che va nella direzione dell’educazione alla missionarietà, della formazione e dell’attenzione a cammini educativi continui e non solo agli eventi. Abbiamo tante potenzialità, ce ne stiamo accorgendo anche in queste settimana incontrando tutti i responsabili dei gruppi scout. Con il sinodo del 2018 la sfida sarà quella di ascoltarli i giovani, attraverso il questionario che si sta già diffondendo in diocesi ma anche attraverso momenti di ascolto degli animatori e dei gruppi. L’obiettivo è migliorare nell’annuncio del Vangelo ai giovani, sempre più complesso oggi in una società concentrata sul consumismo e il culto dell’individuo”.
Si è parlato anche di comunicazione..“Sì, l’accento è stato posto sulla necessità di integrare i vari mezzi di comunicazione, facendoli lavorare insieme il più possibile, nelle difficoltà economiche attuali e in un quadro di offerta in costante aumento. I nostri media in questo sono una voce per far passare il nostro messaggio”.
Infine l’otto per mille: come abbiamo fatto in diocesi, sono stati resi noti i dati a livello nazionale…“Il criterio da seguire è quello della trasparenza. Sia a livello di Cei che di diocesi: occorre rendere noto che i fondi che la Chiesa ottiene con questo istituto non restano a Roma ma vengono distribuiti nelle diocesi, e con quella firma si può davvero fare molto”.
 Daniela Verlicchi