1° Laboratorio del Percorso formativo

1° Laboratorio del Percorso formativo promosso dalla Pastorale Sociale del Lavoro

Dal ‘RisVeglio Duemila’ N. 3/2011
Si è tenuto martedì 11 gennaio presso la Sala Don Minzoni del Seminario di Ravenna il primo laboratorio del Percorso formativo a seguito della 46ª Settimana Sociale dei Cattolici svoltasi a Reggio Calabria, promosso dalla Commissione Diocesana per la Pastorale Sociale del Lavoro.
Relatore è stato Don Mario Colombo, che interverrà anche al secondo incontro, sempre in Seminario, mercoledì 26 gennaio alle ore 18.30, sul tema ‘Lavoro, impresa, mobilità sociale e nuovo modello di sviluppo’.
C’è un detto: ‘chi trova un amico trova un tesoro’; come a dire: è talmente raro trovare un ‘amico’, che quando lo si è trovato, si è trovato un tesoro.
Provo a invertire il detto: ‘chi trova un tesoro trova un amico’, come a dire: è talmente raro trovare un ‘tesoro’, che quando lo si è trovato, si è trovato un amico.
Ma è veramente raro trovare un ‘tesoro’? E’ veramente raro trovare il tesoro dell’amicizia?
Cara amicizia, cosa sei? Ho pensato a questa provocazione per introdurre la riflessione che ci ha proposto Don Mario Colombo.
Eccolo, il ‘tesoro’ dell’amicizia: ripensare gli uomini in Cristo e nella Chiesa.
Questo tesoro non è poi così raro, perché costituisce lo splendore della Nuova Economia della Salvezza. Oggi c’è voglia di recuperare questo tesoro rispetto al degrado culturale. La Politica sente la nostalgia del bene comune, della giustizia, dove trova, come sponda della sua sensibilità, la carità: e questo è il senso della citata Prima lettera di San Giovanni. Questo ‘tesoro’, asserisce Don Colombo, non sarà mai occultato da quella atavica cultura occidentale che ha fatto dell’uomo ‘homini lupus’, malamente tutelato da un frustrante contratto sociale.
Come spiegare l’odierna mobilità di fronte al degrado della politica? Come spiegare quell’esigenza del ‘sentire insieme’, se non come evocazione del mistero dell’amicizia, dell’amicizia nella verità, della verità nella giustizia? Come spiegare quell’esigenza del ‘sentire insieme’, se non quale invocazione del tesoro di esortazioni elargite dal Magistero papale a piene mani sulla pace e sulla giustizia?
La Politica deve capire che la sua bontà altro non è che la ‘coerenza’ nel volere il ‘bene’ delle persone, nel relazionarsi con esse, che è cosa ben diversa dall’elargizione di beni particolari e dall’assunzione di consensi generali. L’abito della Politica è lo Stato e lo Stato è coerente solo quando è a servizio delle persone. Il buon politico cristiano, dentro lo Stato, rende conto delle scelte davanti a Dio e ai cittadini.
Questa coerenza si chiama ‘moralità’ e la moralità è capace di sostenere la coscienza, di rigenerare la coscienza ancorata alla forza della prudenza. La Politica, sostenuta dalla moralità, ridà spazio alla passione per la giustizia e la pace, riconcilia il lavoro con l’identità della propria essenza dignitosa. La Politica deve prendere atto che questa moralità, naturalmente amica, è in grado di aiutare a riconoscere l’altro per realizzare la sua dimensione personale. Essa dà stabilità e fermezza nell’annunciare valori morali su cui costruire in modo nuovo il vissuto sociale. Essa è solidale e attenta ai più deboli, è attenta alle realtà intermedie come la famiglia.
Il momento attuale, osserva Don Colombo, è scabroso e di non facile lettura. Il ‘sistema Italia’ è in pericolo e questa cosa tutti la intuiscono. Dunque, una riflessione trasparente è fondamentale, in un contesto dove occorre relazionarsi a strumenti nuovi in un mondo che è già cambiato. Gli strumenti delle ‘regole’ non valgono più?
Gli strumenti delle regole in politica non sono obsoleti, quando sono indirizzati a non abdicare mai ai principi di relazione, sussidiarietà, amicizia.
Occorre guardare al ‘termometro’ che misura la temperatura delle regole in politica: i giovani.
Oggi i giovani sono ‘disarmati’ di fronte ai temi importanti della vita: essi dicono che continuando così, non si cambia nulla. Eppure essi sono portatori di una certezza:che la storia è fatta da Dio e dagli uomini ed essi sentono di essere artefici della propria storia. Essi si sentono cristiani consapevoli di essere portatori di una civiltà, di essere operatori di speranza in Italia.
L’agire morale significa chiedere al ‘mondo delle regole’ che ‘economia e regole’ devono far sognare un ‘ bene comune’ appetibile anche dal più meschino degli uomini scartati dalla società relativista e corporativistica. L’agire morale significa chiedere al ‘mondo delle regole’ che è possibile individuare le giuste mediazioni per un impegno superiore, quello del bene del paese, dover possano trovare dimora il ‘proprium’ della giustizia (che non è ‘né laica né cattolica’) con i suoi valori non negoziabili come la tutela della vita. L’agire morale significa vivere un sogno: quello di sorridere al futuro liberandosi dal male e decidersi per la ‘liberazione’ del bene comune.
In tale contesto Don Colombo ha lanciato la proposta di un documento come ‘carta d’identità’ da presentare alla diocesi, quale punto di riferimento di un sentire comune derivato dai messaggi del Magistero ecclesiastico in campo sociale: una ‘carta’ quale punto di riferimento per la preparazione di buoni politici per una buona politica e una buona politica pronta ad operare scelte consapevoli. A Ravenna si può cambiare la storia come ha fatto S. Francesco ad Assisi?
Questa è la sfida odierna. Questo lo chiedono i giovani, che plaudono al ‘rigore’ nei modi di operare in politica.
‘Risvegliare l’uomo e i suoi sogni’: questo è stato il senso degli interventi che hanno fatto corona all’introduzione di Don Colombo.
‘Sognare’ vuol dire sconfessare quella sorta di ‘fondamentalismo culturale’ incarnito nella società, ‘voluto’ da occulti grandi committenti. ‘Sognare’ significa che per difendere il bene comune, occorre creare ‘spazi’ con persone che hanno ideali fondati su principi universali.
‘Sognare’ significa creare ‘movimenti’ con nuova identità di persone e ‘nuovi’ settori, quale modello alternativo a quello attuale, una ‘nuova sensibilità’ per modelli di tipo economico e non solo morale.
E’ tutto qui il segreto: dentro una vera amicizia, insieme, è possibile ripensare gli uomini in Cristo e nella Chiesa, conviventi in una giusta società civile.
Credo che questo fosse anche il senso globale del saluto iniziale di Luciano Di Buò, allorché ha marcato l’importanza del costruire un” agenda’ nel contesto territoriale da parte di cattolici impegnati, aventi l’obbiettivo di agire al di là delle proprie convinzioni partitiche: un allettante invito a fermare l’attenzione sul ‘chi siamo’ nell’ambito di ‘laboratori’ che vorrebbero veramente diventare ‘luoghi’ privilegiati di ricerca partecipativa e costruttiva.
 
Mirro Amoni
Collaboratore Pastorale Sociale del Lavoro Diocesana
 

 
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